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lunedì 21 settembre 2015

TSIPRAS SUCCEDE A TSIPRAS, MA TUTTO E' CAMBIATO






TSIPRAS SUCCEDE A TSIPRAS, MA TUTTO E' CAMBIATO

Comunicato dell’Esecutivo nazionale di Sinistra Anticapitalista



Tsipras sarà per la seconda volta primo ministro greco, ma di un paese sempre più socialmente avvilito e politicamente disorientato. Un milione di elettori che pure erano andati a votare il 25 gennaio scorso sono rimasti a casa. Anche rispetto al referendum del 5 luglio i voti validi sono stati 700.000 in meno. Neanche la estrema polarizzazione tra il partito di Syriza e la destra di Nea Democratia ha convinto questo settore di elettori a mobilitarsi nel voto. Syriza mantiene le percentuali, ma lascia per strada circa 300.000 voti e lo stesso fenomeno si manifesta per Nea Democratia che ne perde 200.000 rispetto a gennaio.

L’astensione è un fenomeno che ben conosciamo in Italia. Evidentemente anche nel paese ellenico una fetta importante di elettori non ha ritenuto importante contribuire a scegliere tra i due principali contendenti, Alexis Tsipras e il leader della destra conservatrice Vangelis Meimarakis, considerando non rilevanti le differenze programmatiche tra i due.

E’ la conseguenza della svolta di Tsipras che, proprio pochi giorni dopo il trionfale successo del No al referendum, ha deciso di sottoscrivere l’accordo capestro con la Troika e ne ha imposto l’accettazione al suo riluttante partito.

Formalmente, il governo greco che prevedibilmente si insedierà tra pochi giorni sarà la riedizione di quello dimessosi a luglio e, sotto la guida del leader riconfermato, sarà composto da ministri di Syriza e dei Greci indipendenti (An.El.). Ma lo sarà in un quadro ben diverso.

Syriza oramai solo di nome è la ”Coalizione della sinistra radicale”, sia perché la sottoscrizione del terzo memorandum ne ha cancellato la natura di partito intransigentemente contro l’austerità e i diktat dell’Unione europea, sia perché parte importante della sua ala sinistra ha deciso di lasciare il partito.

Tsipras nei due mesi dopo il referendum ha imposto la svolta programmatica del partito, ha impedito la consultazione dei delegati dell’ultimo congresso che aveva definito il programma radicale poi assunto a Salonicco, ha indetto elezioni anticipate proprio per mettere alla frusta chi restava nel partito, impedendo loro di interrogarsi con serenità su quanto accaduto, e per rendere difficile e affrettato il lancio della nuova forza che si stava formando alla sua sinistra grazie all’iniziativa dei settori più radicali che avevano abbandonato Syriza e formato Unità popolare. Per avere possibilità di gestire senza troppe contraddizioni il programma imposto dall’Unione Europea col memorandum, il gruppo dirigente intorno a Tsipras aveva bisogno di liberarsi della sinistra nel partito e in Parlamento.

La spregiudicata iniziativa di Tsipras sembra premiata. Al netto della forte crescita dell’astensione, la drammatizzazione dello scontro con la destra conservatrice ha spinto gran parte dell’elettorato popolare e di sinistra a convergere su Syriza considerandolo il voto “utile” per impedire il ritorno di Nea Democratia al governo. Così, solo una piccola parte di quel elettorato di sinistra che era rimasta sconcertata di fronte alla “svolta” dopo la vittoria del No ha deciso di sostenere Unità popolare, che non riuscendo a superare per un soffio (meno di 10.000 voti) lo sbarramento del 3%, resterà senza presenza parlamentare.

Si tratta di una sconfitta quasi annunciata. La campagna elettorale di Syriza è stata largamente concentrata contro la sua ex minoranza interna, descritta come responsabile del rischio di far ritornare la destra al governo del paese. In realtà, invece, Unità popolare è stata la forza che ha cercato con coerenza di far vivere nella convulsa campagna elettorale i contenuti del No e lo spirito originario di Syriza.

Ma Unità popolare ha dovuto affrontare soprattutto gli effetti di una sconfitta di grande ampiezza che era in realtà maturata nei mesi precedenti quando le scelte della direzione Tsipras, già in febbraio, avevano portato Syriza ad accettare il riconoscimento del debito e le imposizioni dei creditori, rinunciando a qualsiasi scontro con l’apparato statale e la borghesia greca, garanti questi, insieme alle istituzioni europee, dell’ordine capitalista esistente. Né era stato possibile un rilancio delle lotte che dalla fine del 2012 erano fortemente declinate, nel quadro di una società sconvolta dagli effetti delle politiche di austerità (quasi come in una guerra) e che puntava ormai le sue speranze soprattutto sull’intervento governativo. Lo straordinario risultato del referendum metteva in luce il desiderio di resistenza e di cambiamento, ma non poteva cancellare queste difficoltà di fondo su cui hanno potuto agire con successo sia il gruppo dirigente di Tsipras che i personaggi delle istituzioni europee, che hanno puntato sulle elezioni immediate, per cercare di uscire dall’impasse politico che si era prodotto.

Sinistra Anticapitalista, che ha dato durante tutta questa campagna elettorale il proprio sostegno a Unità popolare, seguirà con attenzione le valutazioni che questa coalizione farà sui risultati propri e su quelli complessivi e la discussione che si svilupperà al suo interno.

Sempre nel campo dell’opposizione di sinistra alla politica dei memorandum, occorre registrare i consensi raccolti dal KKE (300.000, 40.000 in meno di gennaio, ma la stessa percentuale del 5,5) e da Antarsya (45.000 voti, 5.000 in più di gennaio, pari allo 0.85%).

E’ infine drammaticamente significativo che la lista dei neonazisti di Alba dorata, nonostante l’astensione crescente, riesca a mantenere il proprio elettorato (in valore assoluto, con una conseguente crescita percentuale), che, con circa 400.000 voti, conferma e rafforza il loro ruolo di terzo partito del paese. Quei settori che (come ad esempio i disoccupati), dopo l’assunzione del nuovo memorandum, vedono confermata la propria disperazione sociale, hanno, in misura preoccupante, scelto l’estrema destra come propria rappresentanza politica.

In un paese che, da un lato, è attraversato da imponenti flussi di migranti e che, dall’altro, vedrà, nei prossimi mesi, gli effetti nefasti del nuovo memorandum sulle condizioni di vita delle classi popolari, la tenuta e la crescita di un partito demagogico e razzista sono un segno estremamente allarmante. Alba Dorata avrà nuove possibilità di costruire ulteriormente la propria azione tra le classi popolari che ben presto misureranno la portata del terzo memorandum e la realtà del nuovo governo Tsipras.

Perché proprio questa è la questione di fondo. Il primo governo Tsipras esprimeva, a modo suo, l’aspirazione popolare per una politica nuova, che portasse il paese fuori dalle terribili condizioni importe con i primi due memorandum. Al contrario, il nuovo governo Tsipras è chiamato a gestire il terzo memorandum, cioè ad applicare su un corpo sociale martoriato una nuova dose di politiche di austerità, sotto lo stretto controllo degli uomini della troika, che ne seguiranno passo passo l’attività e che, con il meccanismo degli “aiuti” e dei prestiti, stringeranno a piacimento il cappio intorno al collo del governo e del popolo greco.

E’ questa profonda differenza tra il primo e il secondo governo di Syriza che non vuole vedere gran parte della sinistra italiana né tanto meno comprendere, nel suo stucchevole appoggio ad un governo oramai non tanto dissimile dagli altri governi europei.

La presenza di un’alternativa a sinistra che sappia agire sul piano sociale e politico resta quindi una scommessa necessaria e fondamentale; la costruzione di un fronte sociale e politico che aiuti le classi lavoratrici a trovare un nuovo protagonismo è la difficile sfida che attende tutti coloro che non vogliono arrendersi al “non si può fare nulla di diverso”, una rassegnazione politica e strategica che in queste settimane ha attraversato molte forze della sinistra in Italia e Europa e che rischia di distruggerne ulteriormente le potenzialità già profondamente logorate.

Più che mai è tempo di continuare a sviluppare le resistenze sociali e le scelte politiche per costruire in Grecia, come in Italia e in tutta Europa, la strategia dell’Austerexit.




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