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domenica 13 settembre 2015

LE REGINE DEL SUSPENSE: VIAGGIO NELLA NARRATIVA DEL BRIVIDO AL FEMMINILE





LE REGINE DEL SUSPENSE: VIAGGIO NELLA NARRATIVA DEL BRIVIDO AL FEMMINILE
di Omar Lastrucci





E' esistita un'epoca che oggi inizia ad essere meno ricordata di quanto meriti e che forse non sarà mai mitica come la Londra di Sherlock Holmes o le metropoli USA durante l'epoca del proibizionismo e dei gangsters, ma che per il sottoscritto esercita un fascino irresistibile; parlo dell'America degli anni cinquanta, quella dell'ultima epoca veramente felice prima del Vietnam, con i Drive-in e i Drugstore, con automobili chiassose lungo statali interminabili, con i grandi magazzini dove lavorano commesse graziose ed emancipate dalla vita sentimentale e sessuale libera: l'America che si può vedere in "Psycho" di Alfred Hitchcock, capolavoro anche come testimonianza di un'epoca, oppure in tanti episodi di "Ai confini della realtà" o "Alfred Hitchcock Presenta" ; piccole città linde e operose, gente appagata e felice (all'apparenza, ovviamente) in quegli anni fatati di Boom economico, che qualche anno dopo raggiunse anche l'Italia.

Erano anni di grande fermento anche per la narrativa poliziesca; dopo gli esordi ultra-deduttivi fedelissimi alla scuola Inglese di Van Dine, Queen e Carr, il giallo Americano cominciò a prendere coscienza delle potenzialità offerte da un tale variopinto Background culturale, e a iniziare a volare con le proprie ali; prima Hammett, poi Chandler, senza dimenticare l'importantissimo apporto di Erle Stanley Gardner, resero il poliziesco made in U.S.A. mitico e inconfondibile quanto il Rock'n roll e gli Hot dog.

Ma in questa "rivoluzione culturale giallistica" presero egregiamente parte anche le donne, contribuendo in maniera massiccia (anche se meno ricordate dei colleghi uomini...) a definire il genere; le autrici, in particolare, si specializzarono in quel sottogenere che sono le storie di Suspense psicologica, racconti sul filo del rasoio basati soprattutto sullo sgretolamento delle certezze della donna del ceto medio-alto, che di solito, sposata o meno che sia, conduce una vita serena e protetta e di colpo si trova ad affrontare minacce sconosciute e terrorizzanti spesso originate da insospettabili, da coloro che dovrebbero proteggerle e garantire loro quella vita serena a cui anelano; in pratica una variante dell'eroina in pericolo di stampo Vittoriano, ma in un mondo rassicurante in modo quasi artificioso nel quale la destabilizzazione dell'ordine risulta ancora più amplificata.

Questo filone, chiamiamolo del "female suspense" prese piede negli anni sottilmente inquieti del secondo conflitto mondiale, durante i quali la vita della provincia Americana scorreva tranquilla e placida ma molti giovani erano a morire come mosche al fronte, pericoli lontani e parzialmente ignoti ideali per alimentare più o meno vaghe apprensioni, e terminò alla fine degli anni sessanta quando il giallo venne prepotentemente riportato a una dimensione più violenta e metropolitana e dove tensioni e conflitti ben più palpabili sostituirono le sottili inquietudini degli anni precedenti.

Come in ogni sottogenere, ci furono alcuni capolavori, qualche decina di ottimi romanzi, molti altri discreti o pessimi. E ci furono le grandi specialiste, con alcuni calibri davvero importanti.




Ma andiamo a vederle con ordine, le autrici chiave. Per chi scrive, la prima grande esponente fu la misconosciuta Elizabeth Sanxay Holding, che scrisse non il primo romanzo di suspense ma il primo capolavoro assoluto, ossia lo splendido "The Blank Wall" tradotto come "Una barriera di vuoto" , romanzo del 1947 che costruisce l'archetipo perfetto della situazione ideale del genere; tipicissima moglie e madre Americana con marito al fronte che, sola e indifesa, per colpa di una leggerezza dell'irrequieta figlia si trova a fronteggiare personaggi loschi e pericolosi dei quali non avrebbe mai, fino a quel momento, nemmeno sospettato l'esistenza. Tensione sempre mantenuta altissima in modo magistrale, situazioni al limite dell'assurdo, continui colpi di scena e voltafaccia e finale catartico da manuale; questo romanzo, amato da Alfred Hitchcock che lo incluse nella raccolta nota in Italia come "I terrori che preferisco" e pubblicato anche da Sellerio, DEVE essere letto dagli appassionati.

Gli anni quaranta videro anche l'ascesa di colei che resta la più importante esponente del genere, ovvero Margaret Millar, immensa e tormentata narratrice di storie del brivido che sta al pari di Cornell Woolrich per la capacità di trasformare in un pezzo di ghiaccio la spina dorsale del lettore, ma che per farlo non ha bisogno di creare situazioni completamente assurde e prive di ogni logica come l'illustre collega, limitandosi spesso a esplorare i mostri della mente malata, riuscendo a ottenere situazioni terrorizzanti col minimo degli artifici. Leggere per credere gli splendidi "Sapore di paura" (noto anche come "La cancellata" e con questo titolo incluso in un'altra delle raccolte Hitchcockiane edite a suo tempo da Feltrinelli, ossia "Racconti per le ore piccole") "Occhi nel buio", "La porta stretta", "Una torre per il profeta" e quello che forse è il suo capolavoro assoluto, "Uno sconosciuto nella mia tomba", romanzo del 1960 che è la summa della sua poetica.




Altra grandissima scrittrice dalla vita problematica quanto quella della Millar è Patricia Highsmith, maestra del thriller cinico e fatalista e forse inclassificabile in un qualsiasi filone, della quale non ho ancora letto moltissimo ma ho nel cuore un suo romanzo, lo splendido "Carol" di cui è imminente la versione cinematografica con Cate Blanchett e Rooney Mara, storia forse non di pura suspense (anche se gli elementi del genere non latitano certo) ma indispensabile, magistrale ritratto dell'America dell'inizio degli anni cinquanta, con la giovane protagonista che lavora in un grande magazzino nel quale incontrerà una donna bellissima ed enigmatica della quale, pian piano, si innamorerà. Eh si, proprio un amore tra due donne negli USA perbenisti del tempo, libro scottante che fu pubblicato sotto pseudonimo nel 1952 dalla giovane autrice e che girò in modo "Clandestino" per molti anni; si spera che il film abbia successo e faccia finalmente conoscere questa meraviglia al grande pubblico.




Negli anni Quaranta si impose anche il talento cristallino di Vera Caspary, autrice dell'immortale "Laura" reso immortale dalle versione cinematografica con Gene Tierney e Vincent Price (da noi nota come Vertigine) e che scrisse pochi ma ottimi romanzi dello stesso genere fino al 1979, quando col superbo "Il segreto di Elizabeth" (devo decidermi a rileggerlo e recensirlo a parte, perchè merita) chiuse in modo sopraffino la sua carriera; davvero un peccato che in Italia non si siano tradotti più di 4 o 5 titoli di questa scrittrice davvero notevole.




Negli anni cinquanta, col sottogenere ormai definito, presero piede altre autrici di grande bravura, tra cui quella che forse, pur non avendo all'attivo grandi capolavori come quelli sopra citati, rappresentò al meglio questo filone con molti titoli di qualità medio-alta che non tradiscono mai; sto parlando di Ursula Curtiss, per la quale ho un vero debole. I suoi romanzi ad altissimo tasso di suspense, con un dramma che spesso nasce tra le rassicuranti mura domestiche (demolendo quindi il mito della "Home sweet home" Americana) tendono a somigliarsi un poco tra di loro, ma riescono sempre ad essere eccitanti grazie a una scrittura collaudata in modo egregio. Per chi scrive, il libro del cuore dell'autrice è "Orrore" ma sono molto belli anche "Uno di noi deve morire", "I fantasmi della signora Marrable" e "Morte di un corvo" ma volete un consiglio? se avete in casa un qualunque romanzo della signora Curtiss provate a leggerlo, sarà comunque un titolo degno di nota.


Merita una menzione anche Edna Sherry, scrittrice "arrabbiata" e cinica che negli anni cinquanta e sessanta scrisse alcuni ottimi romanzi, dei quali il più famoso è senz'altro "So che mi ucciderai" (Sudden fear) da cui venne tratto il film omonimo con Joan Crawford e Jack Palance.




Autrice poco prolifica ma molto dotata era anche Lucille Fletcher, che più che scrivere romanzi collaborò con il cinema (il celebre "Il terrore corre sul filo" con Barbara Stanwyck e Burt Lancaster, fu tratto da un suo radiodramma) e la nascente televisione del tempo, regalandoci vere perle come lo splendido episodio di Ai confini della realtà dal titolo "L'autostoppista" assolutamente imperdibile.
In Italia sono noti solo quattro suoi romanzi, di cui il migliore è senz'altro "Ossessione senza fine" angosciante storia in cui durante una crociera un medico si trova a dover avere a che fare con un'inquietante fanciulla che avrebbe il dono di ricostruire il passato delle persone solo guardandole; situazioni assurde e deliziosamente minacciose, tensione altissima e un finale agghiacciante e perturbante; un must. Anche "Morte presunta" e "La morte aveva i suoi occhi" sono buoni, ma non raggiungono il fascino di "The girl in cabin B-54".




Quelli della Fletcher sono, purtroppo, gli ultimi romanzi degni di nota del filone, che giustamente avrà una sua fine. Ma attenzione che il prossimo mese, nella collana dei classici del giallo Mondadori, uscirà quella che promette di essere una vera chicca di questo sottogenere, ossia "Incubo" di Anne Blaisdell, pubblicata a suo tempo nella collana delle tre scimmiette Garzanti e finalmente riproposta; si tratta di un romanzo del 1962, finalista del premio Edgar, dove a quanto pare c'è una dolce e innocente fanciulla che finisce nelle grinfie di una diabolica aguzzina...

... più "female suspense" di così, che volete?







10 Settembre 2015 

dal sito Assassini e Gentiluomini




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