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domenica 31 marzo 2013

DALTON TRUMBO: UN COMUNISTA AD HOLLYWOOD di Stefano Santarelli








DALTON TRUMBO: UN COMUNISTA AD HOLLYWOOD
di Stefano Santarelli



La prima guerra mondiale cominciò come una festa d’estate, tutte gonne al vento e spalline dorate.
Milioni e milioni di persone sventolavano i fazzoletti dal marciapiede mentre le piumate altezze imperiali, le serenità, i feldmarescialli e altri idioti del genere sfilavano per le strade delle principali città d’Europa alla testa dei loro scintillanti battaglioni.
Era un momento generoso, il momento delle vanterie, delle bande, delle poesie, delle canzoni, delle innocenti preghiere. L’agosto palpitava e ansimava per le notti prenunziali dei giovani nobili ufficiali e delle ragazze che avrebbero lasciato per sempre dietro di sé. Un reggimento delle Highlands alla sua prima battaglia marciò fin sulla cima della collina al seguito di quaranta suonatori di piva in gonnella che trombettavano a più non posso … contro le mitragliatrici.
Nove milioni di cadaveri si contarono alla fine quando le bande si zittirono e le serenità cominciarono a scappare, mentre il lamento delle cornamuse non sarebbe stato più lo stesso. Fu una guerra romantica, l’ultima del suo genere; e probabilmente l’ultimo romanzo americano sull’argomento fu proprio questo, E Johnny prese il fucile, prima che avesse inizio quella storia totalmente diversa che si chiama seconda guerra mondiale.”


Dalton Trumbo con queste parole introduce il suo celebre romanzo “E Johnny prese il fucile”.Questo romanzo scritto nel 1938, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, costituisce insieme al testo di Erich Marie Remarque “Niente di nuovo sul fronte occidentale” uno dei più formidabili apologhi contro la guerra.
Basato su una storia vera narra la triste e straziante storia di un giovane soldato americano, Joe Bonham, che colpito da una cannonata perde le gambe e le braccia insieme all’uso della vista, olfatto, udito e parola conservando solo il senso del tatto in quel troncone di carne pensante che è diventato, vivendo attaccato ad un respiratore. Dopo un paio di anni in questa condizione impara a comunicare muovendo la testa secondo l'alfabeto Morse, e chiede ai medici militari di ucciderlo o di essere esposto al mondo, per far vedere a tutti gli orrori e la follia della guerra, ma all'inizio questi movimenti vengono scambiati per segni di follia, e quindi Joe viene sedato. In seguito, grazie all'aiuto dei militari, viene capito, ma le sue richieste non verranno accolte.

Il romanzo grazie al sapiente uso del flash-back diventa non solo uno dei più grandi manifesti pacifisti che siano mai stati scritti, ma anche un profondo testo sul senso della vita e sull’esistenza di Dio. Con una sapiente tecnica letteraria che utilizza espedienti innovativi dal punto di vista stilistico come la mancanza della punteggiatura, se si escludono i punti che chiudono i paragrafi, cercando in questo modo di diminuire al massimo la distanza tra la lingua parlata e quella scritta.
Questo romanzo sulla stupidità e l’inutilità della guerra ottenne un grandissimo successo, ma venne immediatamente ritirato dopo l’attacco di Pearl Harbour. Ritornato nelle librerie dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale questo successo si rinnovò negli Stati Uniti durante la Guerra di Corea e poi del Vietnam divenendo così una vera Bibbia antimilitarista.
Per Dalton Trumbo questo romanzo costituì sotto molti aspetti la vera missione della sua vita. Tanto che nel 1971, cinque anni prima della sua morte, ne diresse una versione cinematografica (l’unica sua regia) scrivendo ovviamente anche la sceneggiatura vincendo tra l’altro il Festival di Cannes.

Ma Dalton Trumbo non è passato solo alla storia per essere stato uno dei più grandi sceneggiatori del cinema americano, ma anche e soprattutto per essere stato una delle vittime più illustri del maccartismo.
Bisogna infatti ricordare che tra il 1947 e il 1954 di fronte alla Guerra fredda con l’Unione Sovietica e all’attacco della Corea del Nord contro quella del Sud e al conseguente attacco americano inizia negli Usa una folle crociata anticomunista diretta dal senatore McCarthy.
Si scatena una vera e propria caccia alle streghe: il Congresso vota nel 1947, nonostante il parere contrario di Truman, il famigerato Taft-Hartley Act che rendeva obbligatorio per gli iscritti al sindacato il giuramento di non appartenenza al Partito Comunista.
Questa crociata colpirà duramente anche la stessa industria cinematografica statunitense dove esistevano vasti settori intellettuali di sinistra. Infatti il cinema hollywoodiano grazie all’influenza del neorealismo italiano aveva prodotto in quegli anni film di dura denuncia sociale oltre che pluripremiati con l’Oscar, basti pensare a Barriera invisibile diretto da Elia Kazan (1947) dura denuncia sul razzismo antisemitico presente nella ipocrita democrazia statunitense e a I migliori anni della nostra vita di William Wyler (1948) che illustra la dura realtà del ritorno in patria dei reduci di guerra.
Il dorato mondo di Hollywood venne quindi sconvolto da questa crociata condotta da McCarthy: grandi attori come John Huston, Humphrey Bogart, Katharine Hepburn dissentirono ferocemente contro questo attacco alle più elementari libertà democratiche al contrario di John Wayne ed del futuro Presidente Ronald Regan i quali si schierarono invece apertamente con McCarthy. Il grande regista Cecil De Mille pretese nella riunione dell’Associazione dei Registi un giuramento di fedeltà anticomunista duramente contrastato da John Ford e Joseph Mankiewicz (Un uomo tranquillo).
Mentre i registi Elia Kazan e Edward Dmytryk accusarono altri colleghi per non essere coinvolti in questo processo ed il grande Charlie Chaplin sceglieva invece la strada dell’esilio in Europa.

Il brillante Dalton Trumbo che aveva iniziato la sua straordinaria carriera come sceneggiatore nel 1937 ottenendo nel 1940 la sua prima nomination all’Oscar per il film Kitty Foyle fu uno dei personaggi che venne colpito più duramente dalla repressione maccartista.
Iscritto al Partito Comunista, si rifiutò di rispondere alla Commissione presieduta dal senatore McCarthy venendo quindi condannato nel 1950 a un anno di carcere insieme ad altri sceneggiatori e registi. Questi arrestati passeranno alla storia come i “Dieci di Hoolywood”. Centinaia di altri esponenti del mondo dello spettacolo si troveranno inseriti in una Lista nera che impedì loro di lavorare negli anni immediatamente successivi.
Trumbo non poté più lavorare ufficialmente nell’industria cinematografica trovandosi quindi costretto ad utilizzare vari pseudonimi e prestanome nello scrivere soggetti e sceneggiature per un totale di ben 35 film, un dato questo che da solo testimonia il grande livello di questo autore.

Riuscì a vincere nel 1953 un meritatissimo premio Oscar per la bellissima e celebre commedia Vacanze romane interpretata da Gregory Peck e dalla giovanissima Audrey Hepburn, ma questo premio come la firma ufficiale nel film è di un prestanome che ritirerà vergognosamente la celebre statuetta: Ian McLellen Hunter.
Nel 1956 con lo pseudonimo di Robert Rich vince un altro Oscar, ovviamente non ritirato, per La grande corrida (The brave one).
Scriverà inoltre le sceneggiature di due celebri kolossal girati nel 1960 come Exodus e Spartacus.
E sarà proprio Kirk Douglas protagonista di Spartacus, ma in realtà anche produttore e ideatore ed in fondo autentico regista di questo film, a rivelare che Dalton Trumbo  era il vero sceneggiatore facendo poi reinserire ufficialmente la sua firma. Grazie all’iniziativa di Douglas finalmente Trumbo venne riammesso ufficialmente nel cinema hollywoodiano.
L’ultima sua sceneggiatura è Papillon (1973) interpretato dal leggendario Steve McQueen e Dustin Hoffman e dove Dalton Trumbo, dando prova di una grande ironia, appare nella sequenza iniziale interpretando l’ufficiale che da le ultime indicazioni ai condannati che si stanno imbarcando vero la Guyana francese.
Morirà tre anni dopo a Los Angeles il 10 settembre del 1976.
Vogliamo terminare questo breve ricordo proprio con un brano del suo celebre romanzo:

“Non c’è niente di nobile nel morire. Nemmeno quando si muore per l’onore. Nemmeno quando si muore come il più grande eroe di tutti i tempi. Nemmeno se sei così grande che il tuo nome non verrà mai più scordato e chi è così grande? Da morti non servite più a niente se non per i discorsi. Non lasciatevi più ingannare. Non ascoltateli più quando vengono a battervi sulla spalla e vi dicono andiamo dobbiamo combattere per la libertà o per una qualsiasi altra parola ce l’hanno sempre una parola.
Dite semplicemente mi dispiace signore ma non ho tempo per morire sono troppo occupato e poi voltatevi e scappate via a gambe levate.
Se vi dicono che siete dei vigliacchi non fateci caso perché il vostro mestiere è di vivere e non di morire. Se parlano di morire per dei principi che sono più importanti della vita rispondete signore lei è un bugiardo. Non c’è niente più importante della vita. Non c’è niente di nobile nella morte. Che cosa c’è di nobile nel giacere in terra e marcire? Che cosa c’è di nobile nel non rivedere mai più la luce del sole? Che cosa c’è di nobile nel farsi strappare via da una granata le braccia e le gambe? Che cosa c’è di nobile nell’essere un idiota? Che cosa c’è di nobile nell’essere cieco sordo e muto? Che cosa c’è di nobile nell’essere morto? Perché quando sei morto signore è tutto finito. Non c’è più niente da fare. Sei meno di un cane meno di un topo meno di un’ape o di una formica meno di un vermiciattolo bianco che si arrampica su un mucchio di letame. Sei morto signore e sei morto per niente.
Sei morto caro mio.
Morto.”






12 marzo 2013


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