Diari di Cineclub

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martedì 28 settembre 2010

UNA RICOSTRUZIONE STORICA DISONESTA


UNA RICOSTRUZIONE STORICA DISONESTA
          
 di Stefano Santarelli



Il recente libro pubblicato da Socialismo rivoluzionario “Profilo storico di in impegno originale-cronologia dalla Lsr a Sr” (255 pag.) é un tentativo di risposta al testo che ho curato per la collana Utopia rossa “Dietro la non-politica” - (Massari editore).
Bisogna però sottolineare che “Dietro la non-politica” non viene assolutamente citato, cosa questa quanto meno originale visto che il testo di Sr nasce come risposta e come polemica proprio per questo libro.
Anche se il testo di Sr è rivolto più che altro ad una circolazione interna per gli aderenti e simpatizzanti di questa organizzazione non può non rispondere alle leggi della critica storiografica.

Veniamo perciò al testo.

E' scritto da 5 autori (Vincenzo Sommella-Piero Neri-Antonella Savio-Giulia Caruso-Renato Scarola) con una introduzione della Savio ed una mielosa intervista conclusiva a Dario Renzi, alias De Sanctis, che come al solito appare come “non rivista dall'autore”. Una strana caratteristica che già ho notato nelle sue interviste su “La Comune” e nel suo libro “Costruire fuori dal sistema”.
E' un testo dove le falsificazioni storiche e le omissioni regnano sovrane e nel corso di questo articolo, per ragioni di spazio, ne citerò soltanto alcune.
Prima di tutto nella bibliografia sono presenti solo i loro testi, la loro verità ufficiale, insomma in puro stile nordcoreano.
Non si cita nemmeno il testo di Yurii Colombo “Il trotskismo internazionale: il caso italiano” dove un intero capitolo era dedicato alla Lega socialista rivoluzionaria e che costituiva, prima della pubblicazione di “Dietro la non-politica” il primo ed unico serio studio su questa organizzazione.
Nel libro oltretutto manca l'indice dei nomi che costituisce in un libro di storia uno strumento di consultazione assolutamente indispensabile.
E visto che stiamo parlando di un opera “storica” non si può non segnalare un aspetto metodologico molto discutibile vale a dire proprio i nomi dei protagonisti.
Infatti nel testo alcuni personaggi appaiono con i loro veri nomi (Sara Morace, Carla Longobardo, ecc.) altri con i soliti pseudonimi (Dario Renzi, Piero Neri, ecc.) e altri con l'iniziale solo del cognome (Paolone D. per Paolo D'Aversa, Massimo V. per Massimo Verde, ecc.).
Il che ovviamente è scorretto dal punto di vista storiografico e non aiuta certamente il lettore nel comprendere bene di chi si sta parlando.

E' veniamo quindi ad alcune non-verità.

* Vincenzo Sommella afferma a pag.28 “... Paolone D. e Pino I. (…) lasceranno per motivi diversi, l'impegno con la Lsr” ora è vero che lo scomparso Paolo D'Aversa abbandonerà ben presto il progetto della Lsr –e conoscendolo non credo che avrebbe condiviso l’attuale percorso di Sr- ma Pino Iaria invece, come ho già scritto, venne espulso dopo un vergognoso processo inquisitorio (il caso Pino) e la sua fu la prima espulsione di un compagno dalla Lsr.

* Riguardo a tutto il primo capitolo in cui si parla della nascita della corrente di Dario De Sanctis e della sua separazione dalla Tmr/Fmr fondata da Massari e da alcuni compagni dell’attuale Utopia rossa avrei voluto lasciare la parola a Massari stesso che quella fase conosce in prima persona. Ma Massari mi ha detto che è praticamente impossibile una polemica con tutte le falsità o anche solo imprecisioni contenute in quel capitolo perché Vincenzo Sommella, pur essendo stato vicino a Dario in quell’epoca, non sa nulla di ciò che Dario faceva e diceva negli incontro con la Tmr, nell’incontro internazionale delle Terze tendenze a Francoforte, nelle riunioni della Tmr romana cui spesso partecipava. A qualsiasi obiezione Sommella potrebbe rispondere che lui non c’era e quindi non sapeva. E’ evidente, quindi, che Dario De Sanctis non ha voluto scrivere in prima persona la storia di quella separazione perché, proprio perché sa tutto, temeva d’essere smentito da Massari che invece la storia di quella rottura l’ha raccontata per iscritto più e più volte. E così continua il silenzio: De Sanctis non scrisse nulla all’epoca per spiegare la rottura con la Tmr e su quel tema continua a non scrivere oggi. Più in malafede di così non si potrebbe.


* Piero Neri continua imperterrito a sostenere che il 1982 è “l'anno della separazione della Lega dalla corrente di Moreno” per contraddirsi poche righe dopo e non vedo come poteva essere altrimenti visto che la Lsr è stata per tutti gli anni '80 la più importante, insieme a quella portoghese, sezione europea della Lil o Lit (Liga internacional de los trabajadores).
Un rapporto che con alti e bassi durerà fino al 1993 come sono stati costretti a riconoscere sia pure a malincuore. Anzi, come si afferma in questo testo, anche quando non sono più una sezione della Lit ci sarà una ripresa di rapporti, nel 1999 che non avrà però successo.
Ma il massimo della sua amnesia riguarda la crisi del 1983 -la più grave crisi di questa organizzazione- dove venne espulso un terzo del CC con la scomparsa della sezione napoletana e la scissione di quella milanese.
Infatti in nemmeno una paginetta liquida questa crisi parlando “di una fase specialmente difficile e critica che scuote la Lsr” peccato che Piero Neri non illumini il lettore in cosa consisteva questa fase difficile e critica. Parla di “precedenti divergenze circoscritte e dissapori (che) avevano portato alcuni dirigenti del Comitato centrale di Roma (Bernard Rossi, Linda Spadari, Giancarlo Sarti) a rompere con la Lsr”.
Piero Neri oltre a non ricordarsi i veri cognomi di questi compagni si è dimenticato di parlare dell'entrismo nel Psi, un aspetto questo che non poteva essere tralasciato in un testo storico e cosa più grave si è dimenticato che questi compagni, come anche Pino Iaria, non avevano rotto con la Lsr, ma ne erano stati espulsi e Bernard e Linda a causa dello loro scelta di sposarsi con rito religioso.
Lo so che sono cose di cui non si può essere fieri ed orgogliosi specialmente per chi oggi propugna la fratellanza universale. Ma purtroppo questi sono i fatti come avevo già illustrato nel mio libro riportando bollettini interni e verbali del CC che il prode Piero Neri non è in grado di smentire.
Il nostro eroe tra l'altro afferma che “erano stati espulsi per attitudini sleali (Antonio Riccardi); più tardi, caso unico nel suo genere, Gennaro Genta veniva espulso per compartamenti inaccettabili, sopratutto nei confronti delle compagne”.
Finalmente si riconosce che almeno due compagni sono stati espulsi in quel drammatico 1983, peccato che non dica di quali attitudini sleali si è macchiato Antonio Risi e dopo più di trenta anni gradirei conoscere di quali comportamenti inaccettabili nei confronti delle compagne si è macchiato il Prof. Gennaro Auletta.

Stop con le non-verità e affrontiamo alcune amnesie di cui soffre questo testo.

* Vincenzo Sommella a pag.27 “Nel dicembre 1973 il gruppo napoletano si costituisce come Gruppo rivoluzione permanente (…) Il congresso approva le Tesi internazionali e le Tesi Nazionali che esprimono una forte critica alle analisi della maggioranza della Quarta internazionale e una piena adesione al trotskismo ortodosso.” scordandosi di citare tra i compagni presenti l'invitato Roberto Massari e l'approvazione delle “Controtesi” elaborata dalla Tendenza marxista rivoluzionaria allora, di fronte a questa amnesia, siamo costretti a prendere come testimone non un personaggio qualunque, ma proprio il Profeta Dario Renzi (alias De Sanctis) “Massari partecipò da invitato alla conferenza che tenemmo nel dicembre del 1973, quando cambiammo nome costituendoci come Gruppo rivoluzione permanente (Grp) sulla base di un nostro testo organico ed adottando le “Controtesi” della Tendenza marxista rivoluzionaria (Tmr).
(D.Renzi -Fuga da New York- 17/3/2009 - UTOPIA SOCIALISTA n°20)

* Piero Neri riporta tutti i membri del Comitato centrale eletti nel 1° e 2° Congresso della Lsr, ma poi sorvola su quelli eletti nel 3° e 4°Congresso. Questa dimenticanza non è casuale poiché, per esempio tra gli eletti nel 3°Congresso non compare un importante dirigente come Vito Bisceglie, recentemente scomparso. Vito Bisceglie, futuro membro del CC della Fiom-Cgil, membro della Direzione Nazionale di Rifondazione comunista e poi tra i fondatori del Pcl è ovviamente una figura scomoda per i pretesi storici di Sr.
In “Dietro la non-politica” ho già spiegato le conseguenze nefaste dell'emarginazione del più importante dirigente operaio trotskista per il futuro del lavoro sindacale della Lsr/Sr.

* Viene totalmente dimenticata l'altra esperienza elettorale di Sr quando si presentò nel 1999 alle elezioni amministrative rubando il nome COBAS.

* Ma cerchiamo di andare a tempi più recenti dove le amnesie sono meno giustificate, Renato Scarola a pag.169 parlando del coordinamento StopRazzismo cita il Pdac, il Pdci, l'Unicobas, l'Ass.3 febbraio, ma si scorda di Utopia Rossa che insieme a queste organizzazione è stata tra i fondatori di StopRazzismo, pur avendo poi rifiutato di continuare a farne parte. Evidentemente una presenza scomoda e sgradita per Sr. Il testo di critica e di separazione è comunque leggibile nel volume da me curato e qui già ricordato.

* Con tutte queste amnesie non posso lamentarmi se il mio nome non compare mai: né per il passato della mia militanza nella Lsr, né per il presente come curatore di un libro critico - in fondo sono, come si è visto, in buona compagnia.
Ma certamente è inspiegabile che in un testo dedicato alla storia della Lsr/Sr venga omesso il lavoro negli ospedali romani dei primi anni '80 che viene invece ricordato anche nel già citato studio di Colombo: “La Lsr sperimenta un intervento sindacale e politico tra i lavoratori ospedalieri, settore notoriamente radicalizzato, e dove gli Autonomi dei Volsci hanno conosciuto una certa fortuna.”
Un lavoro che porta la Lsr ad intervenire in 4 Ospedali romani, con 9 militanti (nel libro ne avevo dimenticati 3, si invecchia...) e nell'elezioni del maggio del 1980 la Lsr a Roma si presenta con quattro lavoratori ospedalieri tra cui ovviamente io. Purtroppo questo intervento tra i lavoratori ospedalieri, come ho già scritto, non potè non risentire del caso dei compagni torinesi, in primis Vito Bisceglie.
Sul mio “piccolo” lavoro antirazzista rimando al mio testo.
Tra l'altro si dimentica che il V Congresso della Lsr mi tributò l'onore di aprirsi con la mia espulsione.

Ma lasciamo perdere queste numerose ed inspiegabili amnesie e vediamo le ambiguità presenti in questo testo. A pag. 56 si parla della pubblicazione del libro di Nahuel Moreno, “La dittatura rivoluzionaria del proletariato”, che tra l'altro è il primo libro pubblicato dalla Lsr/Sr.
Piero Neri sostiene che “Dario Renzi, pur sostenendo globalmente il testo di Moreno, propone nella riunione (internazionale della Frazione bolscevica) un emendamento sostanziale che precisa come l'aspetto sovietico (cioè la dimensione consiliare) della “dittatura rivoluzionaria” sia decisivo per il potere rivoluzionario; l'osservazione è assunta da Moreno e introdotta nel testo come si segnala nell'introduzione alla sua versione finale”.
In questo libro Moreno, ricordiamolo, difende l'eccidio di Kronstadt e la concezione vetero-leninista del partito. Un testo che è in piena antitesi con la pretesa svolta luxemburghista che caratterizza attualmente Sr. Dico pretesa perché Rosa Luxemburg viene trasformata da Sr in una innocua Madre Teresa di Calcutta e non nella grande comunista rivoluzionaria che fu veramente. (Sulla strumentalizzazione della Luxemburg rimando al testo di Michele Nobile “Giù le mani da Rosa Luxemburg!” presente in “Dietro la non-politica”).
Ma ritornando al libro di Moreno questo non è un testo obiettivamente emendabile: possibile che dopo trenta anni il Profeta Dario Renzi/De Sanctis, il quale difese e sponsorizzò questo testo, non abbia oggi l’onestà di dire che fece una scelta politica e teorica che non condivide più?
Sarebbe una cosa più dignitosa invece di fare arrampicare sugli specchi il povero Piero Neri.

Non entrerò su alcuni problemi prettamente politici tipo la manifestazione a San Giovanni dopo l'assassinio di Moro (che vide sfilare le bandiere del Pci, e della Dc ed in questo abbraccio di vera solidarietà nazionale le bandiere della Lsr facevano bella mostra) e a riguardo della quale ancora oggi Piero Neri non ha dubbi. Ma d'altronde è l’unico -insieme alla Lit- che sia convinto che la Brigata Simon Bolivar abbia diretto la rivoluzione nicaraguense.

Concludendo: Il metodo di questo libro non è riconducibile a nessuna seria impostazione storiografica, ma metodologicamente è simile alla storiografia stalinista che giungeva a cancellare l'immagine di Trotsky dalla foto dove stava insieme a Lenin, o che presentava i bolscevico-leninisti come spie naziste.
E' il metodo della falsificazione, della rimozione, della calunnia.
Prendo atto che non hanno risposto a nessuna delle contestazioni mosse nel ”Dietro la non-politica” e alla sfida che ho lanciato loro :“ Se il Renzi/De Sanctis o qualche suo “epigono” vogliono confutare la mia ricostruzione storica di quell'anno (1983) -che ritengo decisivo per creare le premesse di ciò che è diventato l'attuale Socialismo rivoluzionario- sono a loro completa disposizione con il mio archivio e tutti i materiali in mio possesso” E che io rilancio con più forza di prima.
Le bugie, come insegna Collodi, hanno le gambe corte. Ed il fatto che Sr rifiuti un serio confronto politico-storiografico ne è una prova lampante. Infatti Sr con il suo testo ha dimostrato di non essere in grado di confutare, contestare, correggere il mio libro.
Se questo gruppo dirigente non avesse costruito una setta in questi decenni, se fosse stato un forza politica presente e vitale nella società italiana avrebbe, dopo trenta anni, fatto ammenda dei propri errori.
Ma il socialismo non è l'obiettivo del Profeta Dario Renzi/De Sanctis o di Piero Neri.
Il loro vero obiettivo sono le campagne di autofinanziamento con le lquali ottengono cifre veramente impressionanti. Nel libro vengono fornite le cifre raccolte anno per anno, dalle quali si ricavano le somme seguente: oltre 5 miliardi e 348 milioni di lire (2.762.000 di euro attuali, ma non di allora) dal 1990 al 2001. E 2.276.000 di euro dal 2002 al 2009. Per una somma totale tra il 1990 e il 2009 di 5.038.000 euro attuali, che si presume includa anche gli interessi e gli investimenti (indispensabili per una simile quantità di denaro liquido). Insomma, si tratta di una cifra che non rientra nelle possibilità materiali di nessuna organizzazione politica al mondo, di così modeste dimensioni e con un pubblico fondamentalmente giovanile o adolescenziale, per giunta in anni di grave crisi economica. Prima o poi si dovrà conoscere la spiegazione reale per un simile massiccio afflusso di denaro la cui entità è fornita dagli stessi autori del libro. Fino ad allora tutte le illazioni sono possibili, ivi compresa l’impressione che i soldi e solo i soldi siano il loro unico obiettivo, i quali hanno lo scopo di mantenere l’enorme apparato di funzionari che a sua volta organizza le raccolte annuali di fondi: appare quindi come un’impresa burocratico-finanziaria fine a se stessa.

Come ha sostenuto Miguel Martinez nel suo saggio pubblicato in “Dietro la non-politica”:

“ Socialismo rivoluzionario - (…) rientra perfettamente nel modello di setta-azienda diretta da un sommo Capo e gestita da funzionari - è uscito dall'ambito dell'estrema sinistra, producendo un marchio nuovo, l'Umanesimo socialista: Con tale logo non ha più bisogno di parlare di conflitti (di classe o non, poco importa).”
Una organizzazione quindi non più riconducibile a un gruppo politico, ma invece riconducibile a sette pseudoreligiose come Scientology.

Al lettore che volesse conoscere ed approfondire la vera storia di Sr e le sue prospettive politiche non resta che consultare proprio “Dietro la non-politica” (Massari Editore).






UTOPIE PACIFISTE 

di Rosa Luxemburg  (1911)










Pubblicato per la prima volta su Leipziger Volkszeitung, nel maggio 1911, questo articolo è stato successivamente ristampato in forma più breve su Die Internationale, nel gennaio 1926, per poi essere tradotto in inglese, sempre in forma ridotta, sulla rivista The Labour Monthly, nel luglio dello stesso anno. La versione italiana, che si basa sulla sopracitata traduzione (l’unica in lingua inglese presente sul MIA), non rappresenta quindi l’edizione integrale dell’articolo. Alcune sezioni sono state purtroppo rimosse, ma quello che resta è stato ripetutamente confrontato con le versioni integrali in lingua francese e tedesca, per rendere la traduzione italiana il più possibile fedele all’originale.

Tradotto per il MIA da Stefano Marotta.



I

Qual è il nostro compito riguardo alla questione della pace? [1]
Esso non consiste semplicemente nel dimostrare in ogni occasione l’amore dei socialdemocratici per la pace; il nostro compito è prima di tutto chiarire alle masse la natura del militarismo e far emergere con nitidezza e precisione le differenze di principio fra la posizione dei socialdemocratici e quella dei borghesi appassionati di pace.
In cosa consiste questa differenza? Certamente non solo nel fatto che i borghesi apostoli della pace si affidano al fascino della retorica, mentre noi confidiamo solo in parte nelle parole. I nostri punti di partenza sono diametralmente opposti: gli amici della pace presenti nei circoli borghesi credono che la pace nel mondo e il disarmo possano essere realizzati entro la struttura dell’attuale ordine sociale, mentre noi, che basiamo la nostra analisi sulla concezione materialistica della storia e sul socialismo scientifico, sappiamo che il militarismo può essere cancellato dal mondo solo con la distruzione del sistema capitalista. Da ciò deriva la reciproca opposizione delle nostre tattiche nella diffusione dell’idea di pace. I pacifisti borghesi si sforzano - e dal loro punto di vista è perfettamente logico e comprensibile - di inventare ogni sorta di progetto “pratico” per ridurre gradualmente il militarismo, e sono naturalmente inclini a prendere per buono ogni segno apparente di una tendenza verso la pace, a credere sulla parola ad ogni dichiarazione della diplomazia, amplificandola fino a farne il fondamento della propria attività. I socialdemocratici, dal canto loro, devono, in questa come in tutte le vicende inerenti la critica sociale, considerare come loro compito quello di qualificare i tentativi borghesi di limitare il militarismo come pietose mezze misure, e le sentimentali dichiarazioni provenienti dagli ambienti governativi come diplomatiche messinscene, opponendo alle finzioni e alle rivendicazioni borghesi una spietata analisi della realtà capitalistica.
Da questo punto di vista i compiti dei socialdemocratici, in merito alle benevole dichiarazioni elargite dal governo britannico [2], non possono che essere quelli di definire l’idea di una parziale limitazione degli armamenti come una impraticabile mezza misura, e di spiegare alla popolazione che il militarismo è strettamente intrecciato alle politiche coloniali, alle politiche doganali, alle politiche internazionali, e che quindi le nazioni presenti, se davvero volessero onestamente e sinceramente dire basta alla concorrenza sugli armamenti, dovrebbero iniziare dal disarmo della politica commerciale, abbandonando in tutte le parti del mondo le predatorie campagne coloniali e le politiche internazionali delle sfere d’influenza - in una parola dovrebbero fare, nella loro politica estera come in quella domestica, l’esatto contrario di tutte quelle politiche che la natura di un moderno stato capitalista esige. Da ciò si può evincere con chiarezza il nocciolo della concezione socialdemocratica secondo cui il militarismo, in entrambe le sue forme - come guerra e come pace armata - è il figlio legittimo e la logica conseguenza del capitalismo, quindi può essere superato solo con la distruzione del capitalismo stesso; per questo chiunque desideri onestamente la pace nel mondo e la liberazione dal tremendo fardello degli armamenti deve desiderare anche il socialismo.
Solo in questo modo è possibile portare avanti una efficace attività di educazione e propaganda socialdemocratica nell’ambito del dibattito sugli armamenti. Ma questo lavoro diventerebbe estremamente difficile e la posizione dei socialdemocratici risulterebbe incerta ed oscura se, per qualche assurdo scambio di ruoli, il nostro partito provasse a convincere lo stato borghese che esso può benissimo limitare gli armamenti e portare la pace mantenendo l’impostazione di classe propria di uno stato capitalista.
Ha costituito fin’ora l’orgoglio e la solida base scientifica del nostro partito, il fatto che, non solo le linee generali del nostro programma, ma anche gli slogan della nostra pratica politica quotidiana, non fossero plasmati sulla base dei nostri desideri, ma che in ogni circostanza confidassimo nella nostra analisi delle tendenze dello sviluppo sociale, facendo delle oggettive linee di questo sviluppo la base della nostra impostazione. Per noi il fattore determinante non risiede nei rapporti di forza all’interno dello stato, ma nelle tendenze di sviluppo della società. La limitazione degli armamenti, il ridimensionamento del militarismo, non può coincidere con l’ulteriore sviluppo del capitalismo internazionale. Solo coloro che credono nell’attenuazione e mitigazione degli antagonismi di classe, e nella possibilità di esercitare un controllo sull’anarchia economica del capitalismo, possono credere all’eventualità che questi conflitti internazionali possano essere rallentati, mitigati e spazzati via. Perché gli antagonismi internazionali degli stati capitalisti non sono che il complemento degli antagonismi di classe, e l’anarchia del mondo politico non è che l’altra faccia dell’anarchico sistema di produzione del capitalismo. Entrambi possono crescere solo insieme e solo insieme possono essere superati. “Un po’ di ordine e di pace” sono per questo impossibili, al pari delle utopie piccolo-borghesi sulla limitazione delle crisi nell’ambito del mercato capitalistico mondiale, e sulla limitazione degli armamenti nell’ambito della politica mondiale.
Gettiamo uno sguardo agli eventi degli ultimi quindici anni dello sviluppo internazionale. Dov’è che essi mostrano una qualsiasi tendenza verso la pace, verso il disarmo, verso la soluzione dei conflitti mediante l’applicazione del diritto internazionale?
Durante questi quindici anni noi abbiamo avuto questo: la guerra fra Giappone e Cina nel 1895, che è il preludio al ciclo asiatico dell’imperialismo; la guerra fra la Spagna e gli Stati Uniti nel 1898; la guerra anglo-boera in Sud Africa nel 1899-1902; la campagna delle potenze europee in Cina nel 1900; la guerra russo-giapponese del 1904; la guerra tedesca contro gli Herero in Africa nel 1904-1907; in seguito vi fu anche l’intervento militare della Russia in Persia nel 1908, e al momento attuale l’intervento militare della Francia in Marocco, senza contare le incessanti schermaglie coloniali in Asia e in Africa. Dunque la realtà dei fatti dimostra che nel corso di questi quindici anni difficilmente ne è passato uno senza che si verificasse una qualche attività bellica.
Ma più importanti ancora sono le conseguenze di queste guerre. La guerra con la Cina è stata seguita in Giappone da una riorganizzazione militare che gli ha permesso, dieci anni più tardi, di intraprendere una guerra contro la Russia, e che ha reso il Giappone la potenza militare dominante del Pacifico. La guerra boera ha portato ad una riorganizzazione militare dell’Inghilterra e al rafforzamento delle sue forze armate di terra. La guerra con la Spagna ha rappresentato per gli Stati Uniti il punto di partenza per una riorganizzazione della marina militare che ha reso gli Stati Uniti una potenza coloniale in grado di estendere i propri interessi imperialistici all’Asia, gettando in tal modo le basi per un conflitto di interessi nel Pacifico fra Stati Uniti e Giappone. La campagna cinese è stata accompagnata in Germania da una profonda riorganizzazione militare, la grande Legge Navale del 1900, che ha segnato l’inizio della competizione marittima della Germania con l’Inghilterra e l’inasprimento degli antagonismi fra queste due nazioni.
A tutto questo si aggiunge un ulteriore fenomeno di grande importanza: il risveglio politico e sociale delle periferie del mondo, delle colonie e delle “sfere di influenza” ad una vita indipendente. La rivoluzione in Turchia, in Persia, il fermento rivoluzionario in Cina, in India, in Egitto, in Arabia, in Marocco, in Messico, sono tutti punti di partenza per nuovi antagonismi politici, tensioni, azioni militari e corse al riarmo su scala globale. E’ soprattutto nel corso di questi ultimi quindici anni, che gli attriti nelle politiche internazionali sono aumentati a un livello senza precedenti, che una serie di nuovi stati sono entrati attivamente nella contesa sullo scenario internazionale, che tutte le grandi potenze hanno attuato una radicale riorganizzazione militare. Gli antagonismi, in conseguenza di tutti questi avvenimenti, hanno raggiunto un’intensità mai vista prima, e il processo si è aggravato sempre di più, poiché se da un lato il fermento a oriente cresce di giorno in giorno, dall’altro tutti gli accordi fra le potenze militari diventano inevitabilmente fonte di nuovi conflitti. La Triplice Intesa fra Russia, Gran Bretagna e Francia, che Jaurès ha acclamato come una garanzia per la pace nel mondo, ha condotto all’inasprimento della crisi nei Balcani, ha accelerato lo scoppio della rivoluzione turca, ha incoraggiato la Russia ad un’azione militare in Persia e ha portato ad una riconciliazione fra Turchia e Germania che, a sua volta, ha reso gli antagonismi anglo-tedeschi ancora più acuti. L’accordo di Potsdam [3] ha condotto all’inasprimento della crisi in Cina e il patto russo-giapponese ha sortito il medesimo effetto. Pertanto rifiutare di riconoscere che tali avvenimenti possono portare a tutto fuorché a una mitigazione dei conflitti internazionali o a un qualsiasi passo avanti in direzione della pace nel mondo, significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà.
Alla luce di questi fatti, come si può parlare di tendenze alla pace nello sviluppo borghese, che siano in grado di contrastare e neutralizzare le sue tendenze alla guerra? Dov’è che trovano la loro espressione? Nelle dichiarazioni di Sir Edward Grey e del parlamento francese? Nel “braccio stanco” della borghesia? Ma la piccola e la media borghesia si sono sempre lamentate del peso del militarismo, allo stesso modo in cui gemono di fronte alla devastazione della libera concorrenza, alle crisi economiche, alla mancanza di etica mostrata nelle speculazioni borsistiche, al terrorismo dei cartelli e dei trust. La tirannia dei magnati del trust in America ha anche suscitato una ribellione di grandi masse di persone e un duro procedimento legale contro i trust da parte delle autorità dello stato. I socialdemocratici interpretano questo come un sintomo dell’inizio di una limitazione allo sviluppo dei trust, o non fanno piuttosto una simpatica scrollata di spalle davanti alle ribellioni piccolo-borghesi e un sorriso beffardo di fronte a una tale campagna di stato? La “dialettica” della tendenza pacifista nello sviluppo capitalista, che si suppone dovrebbe colpire e sconfiggere la sua tendenza alla guerra, conferma semplicemente il vecchio adagio secondo cui le rose del profitto capitalista e del dominio di classe hanno spine anche per la borghesia, ma essa preferisce soffrire e tenerle il più a lungo possibile attorno alla testa, piuttosto che seguire il consiglio dei socialdemocratici, eliminando le spine assieme alla testa.
Spiegare questo alle masse, smascherare senza pietà tutte le illusioni riguardo ai tentativi da parte della borghesia di costruire la pace, proclamare la rivoluzione proletaria come primo ed unico passo concreto in direzione della pace - questo è il compito dei socialdemocratici nei confronti di tutti gli inganni sul disarmo, vengano essi da Petersburg, da Londra o da Berlino.


II

Il carattere utopico della posizione che prospetta un’era di pace e ridimensionamento del militarismo nell’attuale ordine sociale, è chiaramente rivelato dalla sua necessità di ricorrere all’elaborazione di un progetto. Poiché è tipico delle aspirazioni utopiche delineare ricette “pratiche” nel modo più dettagliato possibile, al fine di dimostrare la loro realizzabilità. A questa tipologia appartiene anche il progetto degli “Stati Uniti d’Europa” come mezzo per la riduzione del militarismo internazionale.
«Noi appoggiamo tutti gli sforzi», disse il compagno Ledebour nel suo discorso al Reichstag del 3 aprile, «che mirano a sbarazzarsi dei banali pretesti posti a giustificazione dell’incessante guerra degli armamenti. Noi esigiamo l’unione economica e politica degli stati europei. Io sono fermamente convinto che gli Stati Uniti d’Europa, non solo si realizzeranno sicuramente durante l’era del socialismo, ma potrebbero realizzarsi anche prima che giunga quel tempo, per far fronte alla concorrenza commerciale degli Stati Uniti d’America. In conclusione noi chiediamo che la società capitalista, che i capi di stato capitalisti, nell’interesse dello sviluppo capitalista dell’Europa stessa, al fine di evitare che l’Europa venga completamente sommersa della competizione mondiale, si preparino a questa unificazione dell’Europa negli Stati Uniti d’Europa.»
E nella Neue Zeit del 28 aprile, il compagno Kautsky scrive:

« ... Per ottenere una pace duratura, che bandisca per sempre il fantasma della guerra, c’è solo una cosa oggi da fare: l’unione degli stati della civiltà europea in una federazione con una politica commerciale comune, un parlamento, un governo e un esercito confederali - ossia la formazione degli Stati Uniti d’Europa. Qualora si riuscisse in questa impresa, un grandioso passo potrebbe dirsi compiuto. Una simile federazione di stati possiederebbe una tale superiorità di forze che senza alcuna guerra potrebbe obbligare tutte le altre nazioni che non volessero associarsi volontariamente ad essa, a liquidare i loro eserciti e rinunciare alle loro flotte. Ma in quel caso la necessità di armamenti per i gli stessi nuovi stati uniti scomparirebbe. Essi sarebbero nella posizione di rinunciare a tutti gli ulteriori armamenti, di rinunciare ad un esercito permanente e a tutte le armi offensive sul mare, cosa che noi chiediamo già da oggi, ma anche di rinunciare a tutti gli strumenti di difesa e al sistema militare stesso. In questo modo una perpetua era di pace potrebbe sicuramente iniziare.»

L’idea degli Stati Uniti d’Europa come condizione per la pace potrebbe a prima vista sembrare ad alcuni plausibile, ma a un esame più attento non ha nulla in comune con il metodo di analisi e con la concezione della socialdemocrazia.
In quanto seguaci della concezione materialistica della storia, noi abbiamo sempre sostenuto l’idea che i moderni stati, al pari delle altre strutture politiche, non siano prodotti artificiali di una fantasia creativa, come ad esempio il Ducato di Varsavia di napoleonica memoria [4], ma prodotti storici dello sviluppo economico. Ma qual è il fondamento economico alla base dell’idea di una federazione di stati europei? L’Europa, questo è vero, è una geografica e, entro certi limiti, storica concezione culturale. Ma l’idea dell’Europa come unione economica, contraddice lo sviluppo capitalista per due ragioni. Innanzitutto perché esistono lotte concorrenziali e antagonismi estremamente violenti all’interno dell’Europa, fra gli stati capitalistici, e così sarà fino a quando questi ultimi continueranno ad esistere; in secondo luogo perché gli stati europei non potrebbero svilupparsi economicamente senza i paesi non europei. Come fornitori di derrate alimentari, materie prime e prodotti finiti, oltre che come consumatori degli stessi, le altre parti del mondo sono legate in migliaia di modi all’Europa. Nell’attuale scenario dello sviluppo del mercato mondiale e dell’economia mondiale, la concezione di un’Europa come un’unità economica isolata è uno sterile prodotto della mente umana. L’Europa non rappresenta una speciale unità economica all’interno dell’economia mondiale più di quanto non la rappresenti l’Asia o l’America.
E se l’unificazione europea è un’idea ormai superata da un punto di vista economico, lo è in egual misura anche da quello politico.
I tempi in cui il continente europeo rappresentava il centro di gravità dello sviluppo politico e il polo delle contraddizioni capitalistiche, sono ormai lontani. Oggi l’Europa è solamente un anello nell’intricata catena delle connessioni e contraddizioni internazionali. E cosa ancor più importante, gli stessi conflitti europei non si svolgono più sul continente europeo, ma su ogni mare e in ogni parte del mondo.
Solo distogliendo lo sguardo da tutti questi sviluppi, e immaginando di essere ancora ai tempi del concerto delle potenze europee [5], si può affermare, per esempio, di aver vissuto quarant’anni consecutivi di pace. Questa concezione, che considera solo gli avvenimenti sul suolo del continente europeo, non vede che la principale ragione per cui da decenni non abbiamo guerre in Europa sta nel fatto che gli antagonismi internazionali si sono infinitamente accresciuti, oltrepassando gli angusti confini del continente europeo, e che le questioni e gli interessi europei si riversano ora all’esterno, nelle periferie dell’Europa e sui mari di tutto il mondo.
Dunque quella degli “Stati Uniti d’Europa” è un’idea che si scontra direttamente con il corso dello sviluppo sia economico che politico, e che non tiene minimamente conto degli eventi dell’ultimo quarto di secolo.
Che un' idea così poco in sintonia con le tendenze di sviluppo non possa fondamentalmente offrire alcuna efficace soluzione, a dispetto di tutte le messinscene, è confermato anche dal destino dello slogan degli “Stati Uniti d’Europa”. Tutte le volte che i politicanti borghesi hanno sostenuto l’idea dell’europeismo, dell’unione degli stati europei, l’anno fatto rivolgendola, esplicitamente o implicitamente, contro il “pericolo giallo”, il “continente nero”, le “razze inferiori”; in poche parole l’europeismo è un aborto dell’imperialismo.
E se ora noi, in quanto socialdemocratici, volessimo provare a riempire questo vecchio barile con fresco ed apparentemente rivoluzionario vino, allora dovremmo tenere presente che i vantaggi non andrebbero dalla nostra parte, ma da quella della borghesia. Le cose hanno una loro propria logica oggettiva. E oggettivamente lo slogan dell’unificazione europea, nell’ambito dell’ordine sociale capitalistico, può significare soltanto una guerra doganale con l’America, dal punto di vista economico, e una guerra coloniale, da quello politico. La campagna cinese dei “reggimenti uniti d’Europa”, con il feldmaresciallo Waldersee come guida e il vangelo degli unni come stendardo, non è una fantasticheria, è l’espressione reale, l’unica possibile, della federazione degli stati europei nell’attuale ordine sociale.


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Note

1) Questa è l’unica frase in tutto l’articolo a non essere stata scritta da Rosa Luxemburg. I redattori del Die Internationale devono averla aggiunta per introdurre l’articolo, in mancanza dell’introduzione vera e propria. La parte iniziale dell’articolo infatti non compare in questa seconda edizione tedesca.

2)  Il 13 Marzo 1911 il Segretario di Stato britannico Sir Edward Grey si espresse alla Camera sulla possibilità di un accordo (mai realizzato) con la Germania, che prevedeva una limitazione delle spese militari e della produzione di navi da guerra da parte di entrambi i paesi.

3)  L’accordo, firmato il 19 agosto 1911, sancì un’alleanza di breve durata fra Russia e Germania, finalizzata alla costruzione della linea ferroviaria Berlino-Baghdad

4) Era uno stato della Polonia fondato da Napoleone Bonaparte nel 1807, con il trattato Tilsit, e liquidato solo sette anni più tardi da una nuova spartizione, a seguito della fallimentare campagna di Russia..

5) La Luxemburg allude ironicamente alla Santa Alleanza, stipulata all’indomani del Congresso di Vienna fra le quattro potenze europee uscite vincitrici dal confronto con la Francia di Napoleone (Austria, Prussia, Russia e Inghilterra).
 
 
 
tratto dal sito www.marxists.org  e "Spazio alternativo"

domenica 26 settembre 2010





IL PROFUMO
di Marco Ferrando

LA VICENDA UNICREDIT


IL “PROFUMO”…..DI GRILLO E DELLE SINISTRE





Piccole vicende dell’ordinaria vita borghese possono fornire squarci di luce illuminanti sulla natura delle cosiddette “opposizioni”. Sia di quelle liberali. Sia anche di quelle che si presentano come “radicali” o antisistema. La destituzione del banchiere Profumo dai vertici di Unicredit è al riguardo esemplare.
Tutto l’arco delle opposizioni, in forme diverse, ha pianto l’estromissione del più grande banchiere italiano.

Il PD ha rivendicato la figura di Profumo come banchiere autentico, di profilo europeo e non provinciale, estraneo alle bassezze della politica. Al punto che il quotidiano La Repubblica non ha perso tempo per indicarlo come un possibile candidato premier del centrosinistra in contrapposizione a Berlusconi. Si tratta di una posizione naturale. Il PD è il partito borghese italiano più vicino al mondo bancario, in particolare attraverso l’associazione dalemiana Italiani europei (direttamente finanziata da grandi banche). Il vicesegretario del PD, Enrico Letta, ha recentemente promosso un pubblico incontro tra la propria componente e il fior fiore dei banchieri italiani ( Profumo incluso). Del resto lo stesso Profumo, come tutti ricordano, è stato grande elettore alle primarie sia di Romano Prodi nel 2006, sia di Walter Veltroni nel 2008. Non a caso l’impronta dei banchieri sulle politiche dei governi di centrosinistra negli ultimi 15 anni è stata davvero indelebile: dalla promozione dei Fondi pensione sino all’abbattimento dell’Ires sui profitti bancari ( dal 34% al 27% nella sola Finanziaria Prodi del 2007). E il centrosinistra ha difeso significativamente l’ “autonomia” e la sacralità delle banche dalle battute populiste (del tutto ipocrite) del ministro Tremonti o dalle “ingerenze” politiche di Centrodestra. La difesa liberale di Profumo non fa dunque una grinza.

Colpisce invece l’allineamento ai liberali dell’intero mondo delle sinistre.

Valentino Parlato su il Manifesto ha denunciato, in prima pagina, la liquidazione politica di “un banchiere di sinistra, di qualità, capace di mantenere in ordine e far crescere Unicredit” (22 Settembre). Il quotidiano Liberazione ha seguito a ruota, affermando che Profumo avrebbe “ rotto le regole non scritte del capitalismo italiano e il suo rapporto simbiotico con la politica, assicurando a Unicredit un profilo europeo, indipendente dai palazzi romani.. vicino all’economia reale” pur senza sostenere un’adeguata “politica di intervento pubblico”. Beppe Grillo, a sua volta, ha denunciato l’eliminazione del”banchiere italiano più stimato in Europa” , estraneo al “Sistema”, e per questo vittima del complotto della Lega e dei “Partiti”(v. blog). Tutti insomma sembrano celebrare con Profumo la naturalità di una banca capitalista ideale e moderna, insidiata dalle forze estranee della “politica” (provinciale e maneggiona).

Disgraziatamente per loro..”la banca capitalista ideale” vive di rapina (come ogni banca).E la politica dominante ( di ogni colore) supporta le banche.
Non confondiamo intanto due piani distinti. Un conto è il profilo dell’operazione antiProfumo ,e un conto la natura della più grande banca capitalista italiana (e dell’amministratore delegato che l’ha gestita e impersonificata per 15 anni.).
E’ indubbio che alla liquidazione del banchiere abbiano concorso anche appetiti politici leghisti (in particolare veneti) legati alle Fondazioni bancarie. Come è indubbio che vi possa aver partecipato il banchiere Geronzi ( unico grande banchiere berlusconiano). Del resto che la lotta politica borghese si svolga anche nei labirinti del capitale finanziario in funzione di diversi interessi e cordate , è cosa ovvia. Ciò che non è affatto ovvio è la difesa ammirata della natura del principale istituto del capitalismo bancario, e la rivendicazione della sua “autonomia”, da parte delle sinistre cosiddette “radicali” o di Grillo.

Stiamo scherzando? Unicredit è, per molti aspetti, il cuore economico dell’imperialismo italiano. E’ nata e si è sviluppata attraverso le gigantesche privatizzazioni bancarie della seconda repubblica a partire dal 92, sospinte dai governi Amato, Ciampi, Prodi (a proposito di..autonomia dalla politica). Ha beneficiato, direttamente e indirettamente, delle politiche di detassazione di rendite e profitti promosse indistintamente da centrodestra e centrosinistra per ben 15 anni ai danni del lavoro salariato. Quale grande detentrice di titoli di Stato ( tassati scandalosamente al 12,5%), beneficia ogni anno del pagamento statale degli interessi sul debito pubblico, concorrendo così alla rapina sociale su scuola, sanità, pensioni, servizi, contro la maggioranza della società italiana. Coi soldi regalati dai governi o rapinati a lavoratori e risparmiatori italiani (e non solo), ha promosso un’espansione internazionale enorme, con acquisizioni (Hvb e Capitalia), fusioni, partecipazioni finanziarie in tutta Europa e in particolare nell’Europa dell’est ( soprattutto in Polonia e nei Balcani), contribuendo alle privatizzazioni antioperaie di quei Paesi , all’estensione della dittatura del mercato, al supersfruttamento di manodopera a basso costo. Come tutte le banche capitaliste ha fatto affari con tutti i governi. Incluso peraltro il governo Berlusconi cui ha garantito il sostegno determinante alla cosiddetta Banca del Sud ( in funzione della rapina del Nord) e la creazione del primo fondo pubblico-privato per la ricapitalizzazione delle Pim ( nuovi soldi di contribuenti e piccoli risparmiatori ai capitalisti). E’ un caso che Tremonti si sia prodigato sino all’ultimo per salvare Profumo, in contrasto con un settore della stessa Lega?

L’incredibile abbellimento di Profumo e Unicredit da parte delle sinistre obbedisce in realtà a due ragioni complementari. La prima è che se si vuole fare l’Alleanza Democratica con il centrosinistra liberale, ricandidandosi a sostenere un suo governo, occorre subordinarsi alla difesa di quelle banche che fanno parte organicamente della sua costituzione materiale. Del resto se si votarono negli anni di governo le politiche e i programmi delle banche, in cambio di ministeri o ruoli istituzionali, non si capisce perché la stessa prospettiva politica non dovrebbe trascinare le stesse conseguenze. Ma c’è una ragione più profonda. Le sinistre e lo stesso Grillo, al di la delle chiacchiere, non immaginano un mondo senza capitalismo. L’anticapitalismo, quando c’è, è retorica verbale o comiziesca, a fini elettorali, non un programma reale di trasformazione. Ne deriva che le banche private sono un istituto naturale del paesaggio sociale, salvo chiedere loro eventualmente ( e invano) un po’ di pietà per lavoratori e piccoli risparmiatori. E dunque se una grande banca privata “fa bene” “è stimata in Europa” o è insidiata dalla Lega, è naturale difendere l’autonomia e il prestigio della banca. L’argomentazione di Grillo è al riguardo esemplificativo di una concezione del mondo. Per il comico guru “il Sistema” non è la dittatura degli industriali e dei banchieri sul lavoro salariato ( per il quale non mostra interesse), ma l’indistinta cupola della “Vecchia Politica dei Partiti” che si intromette nella vita reale dell’”economia” ( senza aggettivi) per condizionarne il corso e lederne le virtù. La soluzione? Non il rovesciamento del capitalismo, a partire dalla nazionalizzazione ( senza indennizzo) delle banche, ma la difesa dell’autonomia delle banche dalla “Politica”. Anche dalla politica anticapitalista. Non la nazionalizzazione di Unicredit, ma la difesa di Profumo, in ..compagnia di quella politica liberale dei “morti viventi” contro cui, a volte, si inveisce nei comizi. Non il controllo operaio e popolare sul sistema finanziario, quale condizione decisiva di un ‘alternativa di società, ma un rosario di innovazioni telematiche e tecnologiche all’interno di questa società. Non un altro potere nel mondo reale, ma l’immaginario del mondo virtuale. Nel mondo reale, viva Profumo, e l’autonomia dei banchieri. Dunque il potere borghese.
C’è di più. Il risvolto politico paradossale di questa difesa di Profumo è un ulteriore insperato regalo alla Lega di Bossi: che avrà un argomento in più per denunciare una sinistra scic, amica dei banchieri, e per dare un’immagine popolare alla propria rivendicazione di controllo sulle banche.
Come sempre la sudditanza al capitalismo “democratico” è benzina nel motore della reazione. Tanto più in tempo di crisi sociale.

Quanto a noi, troviamo confermate, ancora una volta, tutte le nostre ragioni. La liberazione del lavoro salariato dallo sfruttamento del capitale non verrà dai parolai di una sinistra subalterna o di un populismo democratico, ma solo da un programma reale di rivoluzione sociale e da un partito che per questo si batta in ogni lotta.





dal sito del "Partito comunista dei lavoratori" -  25/09/2010

sabato 25 settembre 2010

Eccola qui la verità!


 di Moreno Pasquinelli



Assolti Moreno, Maria Grazia e Alessia. Spazzato via il teorema accusatorio che portò agli arresti del 1 aprile 2004.



23 Settembre 2010. Un giorno che difficilmente dimenticheremo: «In base all’Art. 530, primo comma, si assolvono gli imputati perché il fatto non sussiste». Vittoria piena, sul piano giuridico anzitutto, ma pure politico e morale.
Non scorderemo infatti, e come potremmo, nemmeno il 1 aprile 2004, quando fummo arrestati con l’accusa di appartenere ad una rete terroristica internazionale.
L’unica rete di cui facevamo parte era invece il Campo Antimperialista. Una rete che il governo Berlusconi, l’allora Ministro degli Interni Pisanu e il sottosegretario Torquemada-Mantovano, da tempo avevano in mente di togliere di mezzo, per “colpa” delle sue grandi campagne di solidarietà con la Resistenza dei popoli oppressi.
Per anni, allo scopo di incastrarci, venimmo “attenzionati” dai Ros e dalla Digos. Non trovarono né la pistola fumante, né prove degne di questo nome. Ripiegarono su un teorema, che la Procura di Perugia si ingegnò a confezionare.
Il teorema era semplice: in base alla legislazione speciale vigente sui reati associativi (270Bis) e al suo inasprimento del dicembre 2001 (270 Ter, Quater, ecc.), sostenere le Resistenze alle guerre d’occupazione come quella palestinese e irachena, o quelle turca e curda contro la dittatura militare, equivaleva ad essere dei terroristi o, come minimo a fiancheggiare il terrorismo.
La sentenza di assoluzione piena demolendo questo dispositivo accusatorio, non solo rifiuta di considerare delinquenti gli antimperialisti; spinge a riflettere sulla legittimità costituzionale della legislazione cosiddetta “antiterrorismo”, in particolare degli inasprimenti adottati a partire dal 2001.
Lo stesso giorno degli arresti, mentre a sirene spiegate venivamo tradotti in carcere, mentre media compiacenti ci dipingevano come pericolosi criminali, fu lo stesso Ministro degli Interni Giuseppe Pisanu a metterci la faccia e a consacrare la montatura: «Si consolida l'ipotesi che gruppi o singoli personaggi dell'eversione italiana possano entrare in contatto e collaborare con organizzazioni terroristiche internazionali, spinti dai comuni orientamenti antiamericani e antioccidentali».
La sentenza di oggi, spazzando via quel teorema, ristabilendo la verità per cui sempre e in ogni sede ci siamo battuti, ci riconsegna la cosa più preziosa: la dignità di militanti antimperialisti e anticapitalisti.
Il nostro pensiero corre ora a chi come noi, in ogni parte del mondo e in Italia, subisce la galera per le sue idee e per il suo impegno nei movimenti di liberazione. La persecuzione e gli arresti non ci hanno cambiati, siamo stati, siamo e saremo vicini agli oppressi, a maggior ragione a quei popoli che hanno il coraggio di ribellarsi alla prepotenza imperiale americana, guardiano di un sistema mondiale che rischia di condurre l’umanità verso l’abisso.
Ringraziamo tutti i compagni che si sono attivati allora per la nostra scarcerazione, e la cui solidarietà non è mai venuta meno in tutti questi anni di tormento. E salutiamo i tanti amici e i comuni cittadini che non ci hanno fatto mancare il loro affetto e la loro stima.

Perugia, 23 settembre 2010

da "CampoAntimperialista"

venerdì 24 settembre 2010






Scandaloso Fidel…
Il “modello cubano” (con un aggiornamento...)

di Antonio Moscato







Da ieri sono stato tempestato di telefonate, anche di alcune radio importanti, che mi chiedevano un’interpretazione delle dichiarazioni di Fidel. Quella che ha suscitato più scalpore è la frase su Cuba nell’intervista rilasciata a Jeffrey Mark Goldberg, un giornalista definito da Castro nel suo blog “norteamericano-israelí”, uno statunitense di origine ebraica che scrive sulla rivista The Atlantic. Quando Goldberg ha chiesto a Fidel se riteneva esportabile il “modello cubano”, la risposta è stata brusca: “Il modello cubano ormai non serve più neanche a noi” ("El modelo cubano ya no nos sirve ni a nosotros"). Jeffrey Goldberg non credeva alle sue orecchie e ha detto di aver chiesto conferma alla sua interprete, Julia Sweig, dato che spesso aveva dubbi di aver capito bene (“tuvo dudas sobre si escuchó bien a Castro en numerosas veces”). La Sweig aveva capito la stessa cosa. Noi comunque così veniamo a sapere che l’intervistatore famoso non sapeva lo spagnolo, e aveva bisogno di un’interprete, e soprattutto che non conosceva molto di Cuba e di Fidel Castro, tanto è vero che si stupiva per una simile affermazione.
Non sapeva che finché è stato il massimo dirigente, di Fidel si diceva che era al tempo stesso il capo del governo e il capo dell’opposizione. Dichiarazioni ben più dure di questa (oltre a tutto vaghissima, dato che non è facile definire cos’è il “modello cubano”) Castro le aveva fatte in un famoso discorso fiume del 17 novembre 2005, in cui aveva accennato alla possibilità di un crollo; anche quando “riscoprì il Che” nel ventesimo anniversario della morte, l’8 ottobre 1987, aveva usato parole durissime contro i mali dell’isola: corruzione, parassitismo, inefficienza. Ma solo lui poteva dirlo. E francamente, osservavo già anni fa, sarebbe molto più sano che ci fossero sia un capo del governo, sia un capo dell’opposizione, non riuniti in una sola persona…

L’intervistatore, di cui Fidel tesse grandi lodi nel suo blog, non sembrava molto informato di questo. La cosa confermerebbe l’opinione dello scrittore e ministro degli Esteri messicano Jorge Castañeda, autore di una documentata biografia del Che, che aveva spiegato a La Jornada perché non aveva potuto intervistare Castro: “Fidel le interviste le dà solo a chi non sa niente”…

Comunque i quotidiani di tutto il mondo sono pieni di commenti che considerano questa ammissione il punto più importante dell’intervista. Fa eccezione il manifesto che parla invece solo della critica ad Ahmadinejad sull’antisemitismo, e della parziale autocritica sulla crisi dei missili del 1962 (anch’essa non del tutto nuova né sensazionale). In definitiva, anzi, sostanzialmente banale: “Dopo aver visto quel che ho visto, e sapendo quello che so oggi, in definitiva non valeva la pena” [di rischiare un conflitto nucleare] - (Después de haber visto lo que he visto, y sabiendo lo que se hoy, definitivamente no valía la pena).
Io però non me la sento di commentare subito certe parti del discorso apparse su siti di altri paesi ma non ancora su quelli ufficiali cubani, per il rischio che davvero Fidel sia stato frainteso o mal trascritto. Basta aspettare un poco, d’altra parte, per leggere il testo integrale e riveduto.

Le dichiarazioni sull’antisemitismo

Per il momento non posso che augurarmi che le dichiarazioni di Castro riportate da tutta la stampa, tratte dal blog di Goldberg, siano almeno in parte rettificate. Infatti ricalcano passivamente alcuni dei luoghi comuni della propaganda sionista, che presenta come unica ed irripetibile la persecuzione antiebraica. Ad esempio Fidel avrebbe affermato che nessuno nella storia è stato offeso come gli ebrei (Yo no creo que nadie haya )sido más injuriado que los judíos). Peggio ancora, aggiunge e precisa, ciò non si può paragonare a quel che è stato fatto ai musulmani (Diría que mucho más que los musulmanes"). Sarebbe stato meglio non dirlo proprio mentre stanno per esplodere nel mondo islamico prevedibili proteste contro quel pastore evangelico della Florida, una specie di Borghezio yankee, che vuol bruciare Corani davanti alla sua “Chiesa della pace”…

Già l’idea di fare una graduatoria è pessima: come dimenticare i milioni di morti negli scontri tra indù e musulmani nel subcontinente indiano, o lo sterminio degli armeni, o quello sempre più rimosso di rom e sinti sotto il nazismo? E lo stesso Fidel aveva ricordato al papa all’inizio della sua visita il genocidio delle popolazioni originarie di quelle che chiamiamo Americhe. E come dimenticare i milioni di morti africani durante la tratta, e quelli provocati in Asia dalla dominazione europea? Ilan Halevy, un ebreo schierato con la causa palestinese, aveva osservato che il genocidio degli ebrei veniva presentato come unico, solo perché era il primo che colpiva una popolazione europea: gli altri erano stati cancellati dalla memoria. Per non dilungarmi troppo su questo rinvio al mio fortunato testo Ebrei e palestinesi nella storia: miti e realtà, che non solo è il più letto su questo sito ma è stato stampato e riprodotto moltissime volte. Era stato pensato per respingere la mistificazione sionista funzionale alle pretese di sollevarsi al di sopra di tutti, e di giustificare col vittimismo la propria oppressione dei popoli vicini.
Se Fidel non la smentirà, nell’intervista c’è un’altra concessione alla propaganda sionista: gli ebrei sarebbero stati i più calunniati nella storia. Soprattutto più che i musulmani, si precisa (“Han sido mucho más calumniados que los musulmanes debido a que son culpados por todo, pero nadie culpa a los musulmanes por cualquier cosa". Vaglielo a dire ai musulmani a cui si vorrebbe negare il diritto ad avere una moschea per pregare, perché li si incolpa in blocco dell’11 settembre!

Gli ebrei, aggiunge Castro, sono stati sottoposti a terribili persecuzioni e pogrom per duemila anni. (“durante dos mil años los judíos han sido sometidos a terribles persecuciones y a los pogromos”. Incredibile: il primo pogrom non ha 2000 anni, ma risale al 1881, e ha cause politiche ben precise che non hanno nulla a che vedere con i pregiudizi religiosi antiebraici, antislamici, ecc. (ad esempio quelli nei confronti dei “pagani” che erano rimasti fedeli alle religioni precristiane, in Europa, nelle Americhe). La conclusione è fatalmente quella che nulla è comparabile con l’Olocausto ("No hay nada que se pueda comparar con el Holocausto").
Mi sembra che Fidel abbia riprodotto come se fossero oro colato le opinioni del suo intervistatore, che nel suo blog definisce un grande “esperto”. Allego integralmente in appendice il testo di una “Riflessione di Fidel” dedicata interamente a Goldberg e che riporta le sue informazioni sui problemi mediorientali, la politica di Israele e quella degli Stati Uniti. Senza commento, ma anche senza traduzione. Non mi sembra che valga la pena.

Ma prima devo chiarire un altro aspetto importante della questione. Ritengo personalmente che sia stato giusto criticare le intemperanze verbali di Ahmadinejad, e io stesso ho criticato anche Hugo Chávez quando ha rilasciato dichiarazioni troppo benevole ed ambigue, anche se non veramente antisemite, durante e dopo alcuni viaggi a Teheran. Di questi viaggi ho sempre difeso la legittimità e utilità, sia nel quadro degli interessi di due importanti produttori di petrolio, sia per non lasciare l’Iran troppo isolato e pericolosamente tentato da una deriva oltranzista. Ma non c’è dubbio che molte dichiarazioni di Ahmadinejad, magari fatte soprattutto per uso propagandistico interno, sono inaccettabili e fanno danno, tra l’altro, alla causa palestinese che pretendono di sostenere, e vanno quindi fermamente criticate in primo luogo dai paesi che rifiutano l’anatema e le minacce contro l’Iran. Tuttavia sarebbe stato meglio chiarire al leader iraniano l’inopportunità e l’inaccettabilità di ogni confusione tra sionismo (che è più che legittimo contrastare e combattere) e l’ebraismo. È giusto chiedergli che cessi di diffamare gli ebrei ("deje de difamar a los judíos"), e spiegargli che gli ebrei non sono responsabili dei crimini compiuti dal governo e dall’esercito israeliano, senza per questo tirare in ballo una presunta “teología antisemita" che sarebbe cominciata duemila anni fa…
È una materia delicata: poche settimane fa Castro aveva detto che la pace poteva essere salvata perché il presidente degli Stati Uniti è “un discendente di africano e bianco, di maomettano e cristiano”, e quindi sensibile alle esortazioni di tutti i più potenti capi di Stato del mondo, con la sola eccezione di Israele… (vedi Auguri, Fidel!). Non mi convinceva molto. Ma ora queste nuove esternazioni possono essere fraintese ed irritare, ad esempio con la comparazione tra le bimillenarie sofferenze degli ebrei e quelle più modeste dei musulmani, provocando altri risentimenti. Non se ne sentiva il bisogno. Ho il sospetto che possa essere stato manipolato e deformato dal suo troppo “esperto” intervistatore, e spero quindi di leggere presto una rettifica o almeno un testo definitivo. (a.m. 9/9/10)

POSTILLA

Fidel l’imprudente…


Come immaginavo scrivendo questo testo, mentre tutti i “cubanologi” impazzivano a interpretarla a piacere, una parte dell’intervista di Fidel è stata smentita. “Era stata fraintesa”. La precisazione è un po’ pasticciata, ma non importa. La frase sul “modello” d’altra parte non era così sconvolgente, soprattutto a Cuba.
Rimane il fatto che in questa lunga conversazione, e in altre occasioni di questi stessi giorni, Fidel Castro è stato imprudente e non ha misurato bene il linguaggio. Denunciare l’espulsione dei rom e sinti dalla Francia (e dall’Italia, aggiungo…) è un dovere, chiamarla “Olocausto” è un’esagerazione che rischia di diventare controproducente.
Fidel non è nuovo a queste forzature verbali: aveva annunciato ad esempio che gli Stati Uniti con Bush erano ormai un regime “nazifascista”. Vedremo se smentirà o ritoccherà anche questa nuova dichiarazione di ieri, che ha suscitato proteste formali da parte della Francia. Nella stessa occasione ha corretto parzialmente le comparazioni tra le calunnie nei confronti degli ebrei e quelle sui musulmani (“Gli ebrei non sono stati gli unici perseguitati e calunniati per le loro credenze” ha detto questa volta, ma non ha spiegato come mai gli è stata attribuita l’opinione opposta). E ha ribadito la fiducia in Goldberg, nonostante gli avvisi dei “suoi amici arabi” che lo considerano il maggior difensore del sionismo. Forse avrebbe fatto meglio a scegliere un intervistatore meno fazioso e a documentarsi prima un po’ autonomamente, senza scegliere Goldberg come grande “esperto”…
I commenti sui mass media italiani sono stati spesso offensivi e quasi sempre inesatti, grazie a citazioni di seconda e terza mano, in cui le virgolette che dovevano segnalare le parole di Castro si spostavano o sparivano del tutto, rendendole indistinguibili dai commenti e dalle interpretazioni.
Ma un po’ di cautela verbale sarebbe stata opportuna, anche per non far dimenticare con lo “scandalo” per una parola, la sostanza dei suoi giusti avvertimenti sui pericoli che corre il globo, per le guerre in corso o latenti, e per il riscaldamento totale.

PS Non ho cambiato una riga al testo inserito due giorni fa. Ma il titolo sì, perché il nuovo rende meglio l’idea, e soprattutto per segnalare che qualcosa era stato cambiato.







da "Movimento Operaio"        11/9/10

giovedì 23 settembre 2010

Per una Storia della Sinistra.Dallo Stalinismo al Neo-Liberismo,le tappe di un'evoluzione
di Stefano Zecchinelli










1. Dopo aver cercato di spiegare le ragioni Teorico-Politiche che hanno portato all’esaurimento della Coppia Dicotomica Destra/Sinistra cercherò di dire qualcosa sulle formazioni politiche che si chiamano Comuniste o di Sinistra Radicale.
Le problematiche che questo argomento comporta verranno da me approfondite facendo riferimento ai motivi socio-culturali (farò quindi un’analisi sociologica) che hanno spinto i comunisti (o presunti tali) ad aderire al Neo-Liberismo.
In questo intervento parlerò di alcune correnti interne ai Partiti che ultimamente hanno dato vita alla Federazione della Sinistra e farò un cenno ai Movimenti a loro esterni come Sinistra Critica,ovviamente manterrò le coordinate proprie del Materialismo Storico a cui un vero Comunista non deve mai rinunciare.
Prima di immergermi nel mondo della Sinistra Radicale Italiana (o per alcuni Sinistra Post-Comunista) voglio fare qualche cenno sul Pci.

2. Dirò subito che il Pcd’Italia a seguito della Stalinizzazione (il gruppo dirigente fondatore che faceva capo a Bordiga fu espulso insieme ad altri oppositori vicini alle posizioni di Trotsky) non aveva nulla a che vedere con il Partito nato a Livorno nel Gennaio 1921.
Come ho già detto (nel mio scritto in risposta a Luciano Vasapollo) il Pci terminata la guerra doveva adeguarsi al nuovo ordine di Yalta che relegava l’Italia nel Blocco Ovest,Togliatti quindi mise in piedi un Partito Socialdemocratico nella pratica elettoralistica ma che manteneva una struttura fortemente centralizzata con una casta di burocrati al potere.
Il Kausky che contrappose la Democrazia al Capitalismo venne ripreso nella formulazione della ‘’Via Italiana al Socialismo’’ ma ovviamente era un Kausky di gran lunga peggiorato essendo l’Spd (come ho già detto) un partito che manteneva il pluralismo interno.
Inoltre ‘’Il Nostro’’ (mi riferisco a Togliatti) non considerò il successivo Boom Economico (processo di modernizzazione del Capitalismo Italiano) e al primato della Storia fece succedere il primato della Sociologia.
Il Partito di Togliatti mantenne in forza della così detta ‘’doppiezza togliattiana’’ un linguaggio anti-capitalistico ma in realtà era ben inserito nell’ordine costituzionale e non aveva possibilità di svincolarsi da questo (da lì le critiche alla Legalità Borghese di Galvano Della Volpe e del primo Lucio Colletti).
La situazione cambiò nell’epoca berlingueriana quando il Pci si fece investire da un vero e proprio processo di atlantizzazione guadagnandosi i favori della borghesia progressista italiana (ci tengo a sottolineare che l’idea di progresso è propria della Sinistra Post-Moderna).
Arrivati a questo punto devo fermarmi (molto brevemente) su un evento che considero particolarmente significativo e da lì azzardare qualche ipotesi.
Nel 1969 Enrico Berlinguer condannò a Mosca la repressione dei Comunisti Praghesi e difese gli scomunicati Comunisti Cinesi.
Che dietro ‘’la Primavera di Praga’’ ci fosse la mano di forze esterne è cosa ormai risaputa,lo stesso Dubcek fu acclamato durante la ‘’Rivoluzione di Velluto’’,ma la riabilitazione dei Comunisti Cinesi deve essere ricollegata ad un altro importante avvenimento.
Nel 1971 con due visite a Pechino Kissinger incontra il Premier Cinese Zhou En Lai e pone le basi per il summit del febbraio 1972 fra Nixon e Mao.
I due paesi non stipuleranno nessun Trattato ma affermano di voler prevenire qualsiasi tentativo egemonico in Asia,in questo modo la Cina intensificò gli scambi economici e culturali con gli Usa e isolò l’Urss.
Si vanno a delineare dei nuovi assetti Geo-Strategici,l’Imperialismo viene stravolto fin dalla sua Struttura Economica e i Partiti non possono non rapportarsi a questi cambiamenti.
Questa per me che cerco di procedere utilizzando (anche) il Metodo Geo-Politico è una chiave di lettura più che valida per comprendere le vere ragioni della de-stalinizzazione del Pci (in una prospettiva Euro-Atlantica e non più Euro-Asiatica) e la funzione che questo ricoprirà nelle vicende riguardanti il Capitalismo Italiano.

3. Negli anni ’70 si consumò anche la guerra fra Pci e Psi per dimostrare alla Borghesia chi avesse veramente il controllo sulla Classe Operaia e non possiamo dire che fu il Pci il vincitore (come osserva anche Roberto Massari nel suo attentissimo studio sulla Sinistra Radicale) data la continua perdita di voti operai che si è consumata con le vittorie elettorali di Forza Italia e della Lega Nord.
A seguito del Compromesso Storico i dirigenti del Pci si batterono per le esigenze congiunturali e non solo storiche del Capitalismo Italiano,inserendosi in veri e propri gruppi finanziari (basta pensare ai vari scandali giudiziari che hanno colpito personaggi provenienti da quella parte politica).
Questo gruppo politico con la fine del Capitalismo di Stato Sovietico (la storiografia ufficiale parla di Comunismo Storico) si riciclò pacificamente in Pds,Ds e infine Pd.
Fatte queste considerazioni preliminari mi soffermerò sul problema delle Burocrazie e cercherò di applicare questo approccio analitico alla ‘’Sottocasta’’ (non possiamo parlare di Casta Dominante) della Sinistra Radicale.

4. Roberto Michels,storico e sociologo del Movimento Operaio,osserva come all’interno del Partito Socialdemocratico dei primi anni del Novecento i capi operai potessero trasformarsi in burocrati agiati molto simili ai Borghesi che si proponevano di combattere.
Michels afferma che questo cambiamento non dipende da colpe umane individuali ma da una legge chiamata Legge del Funzionamento Oligarchico secondo cui per fronteggiare la Borghesia l’Spd doveva adottare tutte le sue regole.
Roberto Massari nel suo Saggio su ‘’I Forchettoni Rossi’’ cerca di applicare l’analisi delle Burocrazie fatta da tre Teorici Marxisti di formazione culturale diversa:Gilas,Poulantzsas e Naville.
Milovan Gilas è stato un Teorico di prima grandezza,ha formulato la ‘’Via Jugoslava al Socialismo’’ (mai applicata da Tito) ed è stato un grande conoscitore degli Apparati di Potere Stalinisti.
Nel 1957 scrisse il Saggio ‘’La nuova classe’’ che gli costò sette anni di reclusione nelle carceri del‘’Compagno’’ Tito.
Secondo Gilas il Partito al potere inizia a trasformarsi nella ‘’Nuova Classe’’,gli apparati burocratici acquistano una vera e propria forza sociale.
La sua analisi per certi versi è molto simile a quella sul Collettivismo Bucratico fatta da Bruno Rizzi (e criticata da Trotsky) secondo cui le Burocrazie esercitano una vera e propria oppressione di classe.
All’interno della ‘’Nuova Classe’’ crescono le ambizioni,il servilismo,le gelosie,la continua ricerca del privilegio,esterno agli stessi apparati burocratici (conflitto fra il dentro e il fuori),tutti elementi (continua Gilas) che porteranno ad un suo superamento indolore.
In questo modo il Comunista Macedone prevede con lucidità in riciclaggio della Dirigenza del PCUS in Borghesie Private.
Poulantzsas era un althusserista greco,ostile al Trotskismo anche se apprezzò l’analisi di Trotsky dello Stato Fascista.
Il suo libro più importante su questo argomento si intitola ‘’Potere politico e classe sociale’’,Roberto Massari fa riferimento al Capitolo ‘’Le burocrazie e le elites’’, soffermandosi proprio sull’ultimo paragrafo ‘’La burocrazia e la lotta di classe’’.(1)
Secondo il Marxista Greco la Lotta di Classe non può intaccare il potere della Casta (burocrazia) la quale ha il compito di mantenere l’ equilibrio fra gli apparati dello Stato e il conflitto di classe (osserva Massari).
Poulantzsas inoltre paragonerà i piccoli apparati burocratici alla burocrazia di cui parlava Marx e cioè la classe contadina dedita alla piccola produzione.
Questo approccio è interessante dato che la ‘’piccola borghesia radicalizzata’’ è da sempre stata una base sociale dei Partiti Stalinisti (soprattutto nel processo di decolonizzazione,penso al Nazionalismo Arabo ma potrei citare molti altri esempi) anche se è difficile classificare i ‘’Forchettoni Rossi’’ ormai filo-americani come seguaci del ‘’Meraviglioso Georgiano’’.
Un’altra concetto caro a Poulantzsas (e in modo diverso a Naville) è quello di ‘’Feticcio del Potere’’,’’figlio bastardo’’ del Feticcio delle Merci,attraverso cui si stabiliscono le regole proprie delle gerarchie nella Società Capitalistica.

5. Pierre Naville è stato uno dei più importanti Teorici Trotskisti dell’interno Novecento.
Esperto di Strategia Militare,studioso di Sociologia del Lavoro,’’eminente surrealista’’.il suo lavoro sulle Burocrazie è una straordinaria lezione di analisi marxista.
Nel Saggio ‘’Burocrazie e rivoluzione’’ Naville analizza il fenomeno delle Burocrazie in modo congiunto,facendo cioè un parallelo fra gli ‘’Stalinismi di Mercato’’ (azzardo questa formula alternativa al Capitalismo di Stato) e i paesi Capitalistici.
Cercherò adesso di accennare molto brevemente (come del resto ho fatto anche per gli altri autori) qualche aspetto saliente della sua teoria.
‘’Il Nostro’’ (riferito a Naville) parla della formazione delle Burocrazie non solo nei grandi Partiti Socialisti ma anche nei piccoli Partitini Comunisti come ad esempio la Ligue Francese.
Il Partito nel momento in cui deve rapportarsi all’Ordine Costituzionale (Ordine Borghese) diventa una macchina (dice Naville) il cui modello va ricercato negli eserciti (la sua analisi ricorda quella di Michels) e questo avviene anche quando non è al potere.
Questa Macchina di Consensi non fa altro che richiamarsi alle masse e ultimamente ai movimenti,proprio perché masse e movimenti presentano interessi particolari al loro interno e quindi non hanno un carattere classista (cosa chiara ad ogni Marxista che si rispetti).
Detto questo possiamo chiederci che cosa avrebbe pensato un gigante come lui di Movimenti Politici come il Popolo Viola e il suo futuro candidato al ruolo di Capo del Governo,Nichi Vendola.
Stendiamo un velo pietoso su queste miserie e cerchiamo di mantenere alto il tenore del dibattito o almeno nei limiti delle mie possibilità cercherò di farlo.


6. Questo metodo è basilare per poter comprendere il processo degenerativo della Sinistra Radicale e dei partiti che ne fanno capo.
Per ora mi sono ‘’limitato’’ a fare considerazioni Sociologiche e Teorico Politiche (molte delle quali sono state sviluppate meglio in altri miei scritti) ma questo processo di de-costruzione dell’Ideologia Dominante a riguardo della Coppia Dicotomica Destra/Sinistra è stato mandato avanti da altri eccelsi pensatori (di formazione culturale diversa) come Roberto Massari (un Comunista Libertario che viene dalla Quarta Internazionale) o Costanzo Preve (un Filosofo di formazione Lukacciana).
Detto questo continuerò a sviluppare i punti che ho già messo a fuoco e proverò fare delle previsioni sugli sviluppi dei Capitalismi nella fase Multipolare.
Ritornando sul tema della ‘’Sinistra Radicale’’ mi voglio fermare su alcuni gruppi politici e fare qualche brevissima osservazione.
In questa sede ho deciso di parlare (come avevo detto nella parte introduttiva dell’Articolo) dei Comunisti Italiani (Pdci),dell’Ernesto (Corrente Interna a Rifondazione Comunista) e farò due brevissimi cenni a Sinistra Critica e la Corrente di Falce e Martello (sempre interna al Prc).

Iniziamo questo breve viaggetto.

7. Il Partito dei Comunisti Italiani è stato fondato da Oliviero Diliberto e Armando Cossutta l’11 ottobre 1998.
Questo Partito si pone l’obiettivo di costruire un Fronte Neo-Berlingueriano attraverso la tattica delle larghe alleanze,dai settori moderati dei cattolici fino alla Sinistra di Movimento,il punto di riferimento resta il Compromesso Storico stipulato da Enrico Berlinguer con la DC nel 1976.
Queste ovviamente sono delle considerazioni preliminari molto superficiali ma entriamo nel vivo del problema.
Il Governo di Centro-Sinistra guidato da Romano Prodi nel biennio 1996-1998 applicando le disposizioni della Comunità Europea inizia il processo di precarizzazione del lavoro (Legge Treu),la privatizzazione dei servizi pubblici (con la vendita ai privati della Telecom) e delle Università (con la legge di Luigi Berlinguer),solo per citare qualche esempio.
Questo creò dei forti malcontenti all’interno del Prc e i primi scontri fra l’area Movimentista che proveniva da Democrazia Proletaria e dal Sindacalismo di Sinistra con l’Area Cossuttiana incrostata ideologicamente su posizioni governiste.
Fausto Bertinotti (classico esempio di infatuato per dirla con Naville dal ‘’Feticcio del Potere’’) per evitare che il Partito gli sfuggisse di mano chiese al Governo una Finanziaria di Risarcimento per i ceti più bassi che fino ad allora avevano pagato il prezzo imposto dall’Imperialismo Europeo.
La Finanziaria che fra l’altro suscitò gli entusiasmi della base del partito fu respinta e Bertinotti il 9 Ottobre 1998 ritirò la fiducia al Governo provocandone la caduta.
Da qui le ragioni che porteranno i vecchi cossuttiani a uscire dal Prc e a permettere a Massimo D’Alema di ricostituire una nuova maggioranza.
Per la prima volta un ex Pci si trovò a capo del Governo con il pieno appoggio non solo della Borghesia Italiana ma anche dell’Imperialismo Usa.
Il 24 marzo 1999 il nostro Capitalismo ‘’piccolo,piccolo’’ diede la sua manina agli Amici Yankee bombardando la Serbia.
I bombardamenti della Serbia non furono cosa da poco perché l’Imperialismo Egemone,quello ‘’a stelle e strisce che venera la libertà’’ ha potuto colpire l’Europa in un punto nevralgico (i Balcani) isolando la Serbia dai ‘’fratelli’’ russi.
Per me che utilizzo il metodo Geo-Politico quello degli Stati Uniti è stato un tentativo di indebolire sul nascere l’Imperialismo Europeo (che si stava dotando di Organi simili a quelli dell’Imperialismo Usa) e di subordinare sotto il suo controllo quella che posso chiamare ‘’l’Euro Zona’’.
Fu davvero uno spettacolo vedere in quegli anni Armando Cossutta,stalinista duro e puro dover spiegare ai Compagni dell’Est che il suo appoggio a quel governo serviva solo per evitare di ‘’consegnare il paese a Berlusconi’’,delle scene davvero penose.
E’ interessante invece notare come tutti i partiti ormai funzionali al Neo-Liberismo non si propongono più di gestire la ‘’cosa pubblica’’ ma (nel caso dei ‘’Sinistrelli’’) si accontentano di amministrare i danni che l’economia fa alla società civile.
Mi fermo qui sui Comunisti Italiani anche perché avendo iniziato con Gilas,Poulantzsas e Naville non ci tengo proprio a rovinarmi l’intestino con Diliberto,Cossutta e soprattutto Fausto Bertinotti.

8.L’Area dell’Ernesto nasce durante il Quarto Congresso di Rifondazione Comunista datato marzo 1999.
Quest’area politica parte da presupposti ideologici diversi sia rispetto l’ex maggioranza del Prc guidata da Fausto Bertinotti,sia rispetto Falce e Martello o Sinistra Critica.
Come il Pdci (Comunisti Italiani) l’Ernesto si rifà alle esperienze del Comunismo Storico Novecentesco e soprattutto alla versione italiana dello Stalinismo,il togliattismo.
Per presentare i presupposti culturali di questa Corrente voglio partire da un articolo scritto ultimamente da Claudio Grassi,il suo fondatore (teniamo presente che di recente c’è stata una scissione operata da Fosco Giannini) intitolato ‘’Contro il Settarismo’’.
Grassi dice ‘’Una delle malattie più gravi della sinistra è il settarismo. I grandi dirigenti comunisti lo hanno sempre contrastato duramente. Basti pensare alla lotta intrapresa da Gramsci contro Bordiga, nei primi anni di vita del Partito Comunista d’Italia. La vittoria di Gramsci – che produsse quel documento straordinario per l’epoca che furono “le Tesi di Lione” – fu decisiva per portare i comunisti su una linea che si rivelò fondamentale per sconfiggere il fascismo e per costruire un grande Partito comunista. Il settarismo lo contrastò anche Togliatti che nel 1943, con la svolta di Salerno, costruì una vasta alleanza senza la quale non si sarebbe sconfitto il fascismo e non si sarebbero cacciati i nazisti. Senza quelle scelte l’Italia non avrebbe avuto la Costituzione, firmata, appunto, anche da Umberto Terracini. Si potrebbero fare molti altri esempi, ma non mi sembra necessario’’.
Il gruppo dirigente del Pci presentò una versione inedita del ‘’primo’’ comunismo italiano,cancellando personaggi straordinari da intere Bibliografie (da Bordiga a Onorato Damen,da Pietro Tresso ad Alfonso Leonetti) e trasformando uomini infami (come il Boia Vidali) in eroi.
Palmiro Togliatti non era presente nel Congresso Fondativo del Pcd’Italia mentre Gramsci riesce a mala pena ad entrare nel Comitato Centrale,Bordiga fu il dominatore assoluto del Congresso.
Con le Tesi di Lione è vero che il ‘’Grande Sardo’’ riuscì ad ottenere la maggioranza sull’Ingegnere Napoletano,ma la struttura del Partito Gramsciano non aveva nulla a che vedere con il processo di stalinizzazione che da lì a poco investì il partito.
‘’Anche Gramsci sbagliava’’come giustamente osserva Paolo Casciola in un suo Saggio molto dettagliato,infatti ‘’Il Nostro’’ (riferito a Gramsci) non comprese l’importanza della battaglia che in quegli anni unì Trotsky e Bordiga ma coniò addirittura il dispregiativo trotsko-bordighismo,poi particolarmente in voga nel Pci.
Non intento dilungarmi molto,Gramsci ha avuto tempo per ricredersi,pagando per mano di Ercoli (Togliatti) le conseguenze di queste sue valutazioni errate.
Prima di riprendere a parlare dell’impostazione politica di base dell’Ernesto voglio ritornare molto brevemente su Bordiga e l’ accusa di settarismo che gli è stata rivolta almeno per ciò che riguarda i primi anni di vita del Partito Comunista d’Italia.
Amadeo Bordiga che per me è stato un vero gigante del Marxismo Novecentesco proponeva in alternativa al Fronte Unico Politico (Lenin,Trotsky) un Fronte Unico Sindacale in forza dell’Astensionismo Strategico,tattica perseguita dalla Sinistra Comunista.
Io personalmente non condivido quest’impostazione della Tattica Rivoluzionaria ma l’accusa di Settarismo di matrice Togliattiana è alquanto vergognosa.
Partendo da Lione si finisce ‘’in una stanza’’ (per dirla con Brecht) di Salerno con in mezzo la sventurata esperienza del Socialfascismo,dei Fronti Popolari e delle alleanze interclassiste.
‘’Il Migliore’’ (soprannome di Togliatti) nell’aprile del 1944 con il Patto di Salerno firmò la collaborazione delle forze comuniste con gli alleati,il Re e Badoglio,nei fatti spezzò le gambe al Movimento Operaio.
A differenza di molti compagni io non credo che si poteva realizzare in Italia un processo rivoluzionario sia per la mancanza di un vero Partito Marxista sia per la scarsa preparazione teorica dei militanti di base che guardavano all’Urss come alla patria del socialismo.
E’ vero c’erano delle forze di matrice trotskista o il gruppo di Prometeo che spingevano in quella direzione ma erano molto deboli e la propaganda stalinista aveva presa forte sui giovani militanti.
Resta la gravità del gesto di Togliatti in perfetta continuità con tutta un’impostazione teorico politica che era alla base del partito e caratterizzerà tutta l’esperienza storica del Pci.
Da qui l’idea che in una prospettiva anti-settaria i comunisti potessero fare politica all’interno di Governi di Centro-Sinistra insieme alle Borghesia Liberali e ai Cattolici Progressisti,un vero processo involutivo che da Togliatti e Secchia porta a Diliberto,Cossutta e Claudio Grassi.
Negli ultimi tempi l’Ernesto sta addirittura appoggiando le Rivoluzioni Colorate,come l’Onda Verde Iraniana passando nei fatti a fare una politica funzionale agli interessi degli Stati Uniti.
Sembrerà un’assurdità ma i Partiti di formazione m-l hanno dimostrato con estrema facilità di passare da un fronte all’altro,del resto la svolta degli Enveristi del Kosovo è illuminante (all’inizio ho parlato dell’asse Nixon-Mao seguita da Berlinguer e non solo!).
Mi congedo dall’Ernesto citando Milovan Gilan il quale in ‘’La nuova classe’’ dice ‘’I membri del partito avvertono che l’autorità la quale ha il controllo sulla proprietà porta con sé i massimi privilegi.Di conseguenza crescono inevitabilmente l’ambizione senza scrupoli,la doppiezza,il servilismo e la gelosia.
Aperta e accessibile alla base,la nuova classe si fa sempre più e inesorabilmente ristretta al vertice.Per la scalata non è necessario soltanto il desiderio,ma anche l’abilità di intendere e sviluppare le dottrine,fermezza nelle lotte contro gli antagonisti,destrezza e abilità eccezionali nelle lotte all’interno del partito’’.(2)
Direi che ritrae molto bene i nostri Post-Stalinisti che hanno a pieno abbracciato le cause della Cia.

9. Sinistra Critica è un Movimento Politico che fa riferimento alla Ligue Francese il cui massimo Teorico venuto meno Daniel Bensaid è Michael Lowy.
Questo Movimento si rifà al revisionismo interno alla Quarta Internazionale.
Un approccio di base per lo studio di Sc necessita qualche parola sulla figura di Michel Raptis detto Pablo.
Michel Raptis negli anni ’30 collaborò con il Marxista Greco Pantelis Puliopulos,un dirigente coraggioso che fu ucciso dai Fascisti Italiani.
Nel 1938 partecipò alla fondazione a Parigi alla Quarta Internazionale e svolse un ruolo importante nella lotta al fascismo e allo stalinismo.
Negli anni seguenti Pablo fu il primo a soffermarsi sulla rottura fra Stalin e Tito e sul significato della Guerra di Corea.
Nel testo ‘’Sulla natura di classe della Jugoslavia’’ affermò l’inevitabilità di deformazioni burocratiche negli Stati Operai e da qui la necessità dei Rivoluzionari di fare politica anche all’interno di blocchi stalinisti;iniziò l’epoca dell’entrismo sui generis.
Per ciò che riguarda il lavoro Teorico di Pablo penso sia il caso di far parlare proprio Livio Maitan ‘’Furono gli articoli di R. dalla fine degli anni ‘50, che segnalavano chiaramente l’importanza capitale delle nuove rivoluzioni coloniali. Perfino al costo, secondo me, del misconoscimento del potenziale operaio dei paesi europei. I migliori scritti di R., inoltre, portano la stessa data. Presi molti di questi articoli dalla stampa internazionale e, soprattutto, molti firmati M.Pablo o Jean-Paul Martin in Q.I. o i suoi contributi alla storia dei primi venti anni della Q.I. o i suoi rapporti sui nostri congressi e sul Comitato Esecutivo Internazionale. E il suo libro “Capitalismo o Socialismo, la guerra che verrà” (1952) “Dittatura del Proletariato”, “Democrazia e Socialismo” (1957), “Impresioni e problemi della rivoluzione algerina” (1962). Non dobbiamo dimenticare il suo testo del maggio ‘60 sulla liberazione delle donne. Molti lettori giudicheranno adesso, a più di un quarto di secolo di riflessioni e di iniziative femministe, che questo lavoro è sensibilmente obsoleto e criticabile in molti punti. Ma ha avuto il merito di essere il primo testo a portare una serie di problemi cruciali all’attenzione dei marxisti rivoluzionari. Michel era direttamente coinvolto, fin dall’inizio, in una complessa solidarietà con la rivoluzione algerina’’.(3)
Purtroppo la politica di adattamento allo stalinismo di Pablo a contrario di quello che disse Maitan non fece altro che minare la Quarta Internazione,indebolendo le sue basi teoriche.
‘’Il Nostro’’ (Pablo) fu arrestato ad Amsterdam nel giugno 1960 accusato di aver preparato documenti e banconote false.
La sua vicenda mobilitò molti intellettuali come Sartre e S. De Beauvoir i quali lanciarono un appello per la sua scarcerazione.
A seguito della Rivoluzione Nazionale Algerina,Pablo portò ad una scissione nella Q.I. datata 1964-’65 e continuò la battaglia fuori da quest’organizzazione.
Prima della morte avvenuta nel 1996 cercò di ricongiungersi con l’Internazionale Trotskista ma questo suo progetto non si realizzò.
Il ‘’padre politico’’ di Sinistra Critica,Livio Maitan viene dall’impostazione Teorica (seppur non ha concordato su alcune questioni fondamentali come la questione Jugoslava) di Pablo.
Alla fine degli anni ’70 i GCR (Gruppi Comunisti Rivoluzionari) si trasformarono in Lega Comunista Rivoluzionaria e in seguito entreranno in Democrazia Proletaria.
Terminata l’esperienza di Democrazia Proletaria,Maitan vide nel Prc la possibilità di ricomporre quella Sinistra Anticapitalista teorizzata dalla Quarta Internazionale.
E’ molto strano che un dirigente esperto come Maitan si sia lasciato ingannare da Bertinotti e gli abbia lasciato,soprattutto nel 1998 in mano il partito.
Entrata nella logica elettoralistica Sc cade nella trappola descritta da Naville e quindi ‘’fuori dal potere e nella prospettiva di ottenerlo,i grandi partiti che inquadrano le masse hanno bisogno di mantenere le loro truppe e quelli che li seguono sotto l’influenza di un apparato’’.(4)
Pablo e Maitan non hanno capito quello che Gilas e Naville avevano descritto con grande precisione e da questa negligenza teorica si è arrivati a Flavia D’Angeli,Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò su cui è meglio non soffermarci.


10. Terminiamo questo viaggio col dire qualche parola su Falce e Martello.
Questa corrente che si schiera a Sinistra del Prc si richiama alla tradizione Trotskista o meglio ancora a una corrente minoritaria chiamata Grantismo dal nome di Ted Grant il suo Teorico di riferimento.
Accennerò alla figura di Grant per ciò che riguarda due aspetti fondamentali:l’analisi della natura di Classe della Cina e l’entrismo definito diverso sia dall’entrismo classico e sia dall’entrismo sui generis.
Secondo Grant a seguito del processo di decolonizzazione dei paesi africani,asiatici e dell’America Latina si sarebbero costituiti degli Stati Operai Deformati ovvero regimi di Bonapartismo Proletario.
Da qui la campagna di Falce e Martello a difesa del Venezuela,guidata da Alan Woods il quale ritiene (non distinguendosi molto dai vari Vasapollo,Giacchè e Domenico Losurdo) che nel Sud America sia in corso un processo rivoluzionario.
Come ho già spiegato (e rifaccio appena un accenno) si tratta di un processo di modernizzazione del capitalismo,bisognerà vedere se la potenza egemone che è il Brasile andrà a centralizzare le risorse.
Tutto ciò ed è bene chiarirlo non compromette minimamente la posizione che un Comunista deve prendere a difesa della Sovranità Nazionale di qualunque Stato che sia minacciato dall’Imperialismo,come ben spiega Lenin nel primo capitolo di ‘’Il Socialismo e la guerra’’.
A differenza del restante movimento trotskista ‘’Il Nostro’’ (riferito a Grant) considerava anche la Birmania e la Siria,Stati Operai Deformati per il semplice fatto che l’economia fosse in mano allo Stato.
Io inizierei (e qui mi limito a porre il problema) a sottoporre la categoria trotskista di Stato Operaio Deformato ad un esame critico,cosa fatta del resto da Grandizo Munis,Natalia Trotsky e in termini diversi da Tony Cliff.
Se gli strumenti di produzione sono in mano allo Stato il quale appartiene ad una Burocrazia nessuno esclude che quest’ultima possa esercitare un’oppressione di classe.
Il problema per me non riguarda il carattere nominale dei mezzi di produzione ma la forza sociale che esercita il partito al potere,fino a diventare come diceva Gilas una ‘’Nuova Classe’’.
Andando avanti per questa strada si rischia di incappare in gravi errori teorici come considerare lo statalismo sinonimo di socialismo,cosa fatta da tanti intellettuali del vecchio Pci e ‘’a leggere’’ i Pablo,Grant e Woods da molti trotskisti ingenui.
Per ciò che riguarda l’entrismo secondo il marxista sudafricano (Grant) fuori dal movimento operaio non c’è nulla (e su questo ha ragione!),questo comporterà che la sua corrente The Militant prenderà le distanze dai movimenti sessantottini e post-sessantottini perché considerati borghesi (e anche su questo posso concordare!).
L’errore di Grant è considerare i grandi Partiti di Sinistra (come ad esempio il Partito Laburista Inglese) parte del Movimento Operaio.
Tutto questo si colloca all’interno di un dibattito teorico e va al di là della validissima militanza dei compagni di The Militant all’interno del PL e soprattutto alla nobilissima lotta contro le privatizzazione del governo Thatcher.
A giudizio di Grant e Woods in Italia non è necessario formare un nuovo Partito Operaio perché c’è già ed è il Prc,inoltre nel 2006 nasce Tendenza Marxista Internazionale,un organizzazione trotskista esterna alla Q.I.
E’ chiaro che a monte di tutto questo c’è un’incapacità di fondo nel valutare la progressiva dilatazione della dicotomia Sinistra e Destra e quindi di valutare,essendo i Partiti Politici Sovrastruttura,le dinamiche dei Capitalismi Globali.
Il contributo di Grant e Woods è di indubbio valore ma la loro analisi delle burocrazie dimostra tutti i suoi limiti e purtroppo mi tocca dire che non arriva nemmeno ai lacci delle scarpe di Gilas e Naville,
Penso che arrivati a questo punto la questione dovrebbe essere molto chiara al lettore e la posizione di Falce e Martello all’interno della Ultra-Liberista Federazione delle Sinistre è abbastanza pietosa.
11.Sono arrivato alla fine del testo e spero di aver messo a fuoco (come mi ero proposto) il processo di degenerazione dei Partiti Comunisti o presunti tali all’interno di un Sistema Istituzionale Post-Democratico.
Il Feticcio del Potere è l’elemento caratterizzante questo Regime e come ben dice Massari ‘’Le caste mediatiche padronali che regolano le reti della Società dello Spettacolo fingono di gradire le attenzioni dei gruppi burocratici invasati del Feticcio del Potere ma il loro sogno è evirarli (svuotarli d’ogni contenuto sociale) e restare come unica fonte di legittimazione del potere assoluto esse stesse’’.
Detto questo Alan Woods è ben avvisato,la Sinistra del Tradimento Sociale purtroppo per lui non fa eccezioni.
Il mio contributo che vuole essere una ricerca del ‘’nucleo metafisico’’ del Capitalismo Assoluto è ovviamente modesto ma rinvenendo e rimettendo in discussione il meglio che la Storia del Movimento Operaio ci ha dato spero che qualcuno almeno in parte potrà trarre giovamento dalla lettura di questi miei scritti.


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Note:

1) da ‘’I Forchettoni Rossi’’ a cura di Roberto Massari. Roberto Massari ‘’La sottocasta dei Forchettoni Rossi’’
2) Milovan Gilas ‘’La nuova classe’’
3) Livio Maitan ‘’La morte di Michel Raptis (Pablo) 1911-1996’’
4) Pierre Naville ‘’Burocrazie e Rivoluzione’’
5) Inoltre si veda anche questo mio intervento a riguardo della fine della dicotomia fra Destra e Sinistra http://zecchinellistefano.blogspot.com/2010/08/per-una-storia-della-sinistradalla.html

Stefano Zecchinelli Partito Comunista dei Lavoratori Sezione di Pisa e Livorno
23/09/2010
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