Diari di Cineclub

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mercoledì 7 luglio 2010

TONY CLIFF


Tony Cliff - Gli ebrei, Israele e l'Olocausto



L’articolo che qui proponiamo fu pubblicato in lingua inglese nel n.219 del maggio 1998 della Socialist Review, il mensile del Socialist Workers Party (GB) di cui Tony Cliff (1917-2000) è stato il fondatore e uno dei principali dirigenti fino alla morte. Questo contributo che riassume brevemente i motivi di fondo della nascita del sionismo e poi dello Stato d’Israele è tanto più interessante perché Cliff (all’anagrafe Ygael Gluckstein) era nato in Palestina in una famiglia ebrea di origine russa e fu tra gli animatori tra il 1938 e il 1946 - prima di trasferirsi in Gran Bretagna – del piccolo gruppo trotskista in Palestina.
Tony Cliff (Ygael Gluckstein) nacque in Palestina da genitori sionisti nel 1917. Divenne trotzkista negli anni 30 e giocò un ruolo di primo piano nel tentativo di formare un movimento che unisse operai arabi ed ebrei. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, rendendosi conto dell'inevitabilità della vittoria dei sionisti, emigrò in Gran Bretagna (dove adottò lo pseudonimo inglese con cui è oggi conosciuto). Nei tardi anni 40 sviluppò la teoria secondo cui la Russia non era più uno stato operaio (come teorizzato ancora da Trotsky e sostenuto dai trotzkisti della IV Internazionale nella formula "stato operaio degenerato") ma una forma burocratica di capitalismo di stato. Questa teoria caratterizzò la tendenza cui fu da allora associata la sua figura di pensatore marxista e attivista politico. Benché abbia rotto con il "trotzkismo ortodosso" dopo essere stato burocraticamente espulso dalla IV Internazionale nel 1950, si considerò sempre un trotzkista, rimanendo però sempre aperto ad altre influenze interne alla tradizione marxista. La sua eredità politica è rappresentata dal British Socialist Workers Party e da altre organizzazioni che si richiamano alla tradizione dell' che fanno parte dell'International Socialist Tendency.












La rivoluzione francese liberò gli ebrei. Tra il 1789 e l’unificazione della Germania e dell’Italia, un secolo dopo - all’incirca - il ghetto intellettuale, economico e fisico, scompariva. Mendelssohn, Heine e Marx, tutti ebrei, furono prominenti personalità della cultura tedesca. La diffusione dell’antisemitismo e anche i pogrom, ci furono, ma nella Russia zarista dove il giogo del feudalesimo era ancora schiacciante e dove il moderno capitalismo era ancora agli albori. Quando il capitalismo fu vecchio e decrepito, specialmente dopo la Grande Depressione degli anni ’30, si riprese tutte le conquiste democratiche della sua “gioventù.” E gli ebrei non furono semplicemente trascinati nei ghetti ma anche nelle camere a gas.
Tra questi due periodi un terribile caso di antisemitismo esplose in Francia. Nel 1895 un ufficiale dell’esercito ebreo, Dreyfus, fu accusato di essere una spia tedesca. Fu intentato un processo da caccia alle streghe condusse a una mobilitazione isterica contro gli ebrei. Questa ondata di antisemitismo era il sottoprodotto della battaglia tra l’ascendente imperialismo francese e l’imperialismo tedesco. A Parigi in quel periodo viveva un giornalista viennese ben introdotto, Theodor Herzl. Herzl, il quale giunse alla conclusione che il furore antisemita era naturale e inevitabile. Scrisse nel giugno 1895:
“A Parigi come ho detto avevo raggiunto un atteggiamento più liberale verso l’antisemitismo, che avevo cominciato a comprendere storicamente e a perdonare. Soprattutto, riconoscevo la vacuità e la futilità di ogni tentativo di “combattere” l’antisemitismo.
Herzl criticava Emile Zola e il popolo francese – e principalmente i socialisti – che avevano preso le difese di Dreyfus. Si lagnava che gli ebrei “cercassero protezione tra i socialisti e i distruttori dell’attuale ordine sociale... In realtà non sono più ebrei. Probabilmente diventeranno i leaders dell’anarchismo europeo.”
Egli sosteneva che in risposta alle menzogne antisemite, gli ebrei avrebbero dovuto lasciare i paesi in cui non erano ben visti e instaurare un loro Stato. In questo quadro egli dichiarava che “gli antisemiti sono i nostri amici più fidati… i nostri alleati.” Perciò quando incontrò il ministro zarista degli Interni Pleve, l’uomo che aveva organizzato il pogrom di Kišinev nel 1903, questi gli lanciò l’esca prima che lo facesse Herzl, pensando che l’allontanamento degli ebrei dalla Russia avrebbe indebolito il movimento rivoluzionario, e cioè il nemico di Pleve.
Se l’antagonismo fra cristiani e ebrei era apparentemente naturale ed inevitabile ne conseguiva che l’antagonismo tra ebrei e arabi in Palestina era naturale ed inevitabile. Tanto per cominciare Herzl sosteneva che il sionismo “voleva dare a un popolo senza un paese, un paese senza un popolo.” Quando gli fu fatto notare che c’erano degli arabi in Palestina, Herzl sostenne che il problema era semplicemente quello di liberarsi di loro. Il 12 giugno 1895 scrisse, “Noi proveremo ad allontanare la popolazione spiantata oltre i confine procurandogli una occupazione in paesi di transito, mentre le negheremo qualunque occupazione nel nostro paese.“ Quale atroce espressione dei suoi intenti di pulizia etnica!

L’economia sionista chiusa
I sionisti che emigrarono in Palestina a partire dalla fine del XIX secolo non volevano instaurare un’economia simile a quella dei bianchi in Sud Africa dove bianchi erano i capitalisti mentre i neri erano operai. I sionisti volevano che tutta la popolazione fosse ebrea. Il solo modo per raggiungere questi scopi – in una situazione in cui lo standard di vita degli arabi era, se comparato a quello degli europei, assai più basso e con una forte disoccupazione sia aperta che sotterranea – era quello di chiudere il mercato del lavoro agli arabi. C’erano tutta una serie di strumenti per raggiungere ciò. Prima di tutto attraverso il Jewish National Fund, che era proprietario di una importante porzione di terra posseduta dagli ebrei, inclusa una grande fetta di Tel Aviv, si approvò uno statuto che imponeva che solo gli ebrei potessero essere occupati su quel territorio.
In aggiunta, la Federazione sindacale sionista, il Histadrut, impose a tutti i suoi membri dei tributi: uno per la difesa del lavoro ebreo e uno per la difesa dei prodotti ebrei. Il Histadrut organizzava picchetti contro i proprietari di coltivazioni che impiegavano operai arabi, costringendo i proprietari a licenziarli. Era anche normale vedere un giovane passeggiare per il mercato tra le donne che vendevano ortaggi o uova, e se avevano il sentore che una di queste fosse araba gettavano paraffina sugli ortaggi e rompevano le loro uova.
Ricordo che nel 1945 un caffè di Tel Aviv fu attaccato e quasi completamente distrutto perché era girata la voce che un arabo lavorasse nella cucina come lavapiatti. Ricordo che quando frequentavo la Hebrew University a Gerusalemme tra il 1936 e 1939, ci furono reiterate manifestazioni contro il vice rettore dell’Università, il Dr. Magnus. Era un ricco ebreo americano e un liberale e il suo crimine era quello di essere inquilino di padrone di casa arabo.

Dipendenza dall’imperialismo
Sapendo che si sarebbero trovati di fronte alla resistenza dei palestinesi, i sionisti ebbero sempre chiaro che avrebbero avuto la necessità di essere aiutati dalle potenze imperialiste che avevano una grande influenza Palestina a quel tempo.
Il 19 ottobre 1989 Herzl si recò a Costantinopoli dove fu ricevuto dal Kaiser Guglielmo. Allora la Palestina faceva parte integrante dell’Impero Ottomano che era un alleato minore della Germania. Herzl disse al Kaiser che un insediamento sionista in Israele avrebbe accresciuto l’influenza tedesca nel centro del sionismo in Austria, anch’essa alleata dell’Impero tedesco. E poi gli lanciò un’altra esca: “Gli spiegai che gli avremo tolto di mezzo i partiti rivoluzionari”.
Verso la fine della Prima Guerra Mondiale, quando fu chiaro che la Gran Bretagna si stava per prendere la Palestina, il leader sionista dell’epoca, Chaim Weitzmann, contattò il ministro degli Esteri britannico, Arthur Balfour, ottenendo da lui, il 2 novembre 1917 una dichiarazione che prometteva agli ebrei una patria in Palestina. Sir Ronald Storrs, il primo governatore britannico di Gerusalemme spiegò che “l’’impresa sionista lo rendeva felice perché gli dava la possibilità di creare all’Inghilterra “un piccolo Ulster ebraico” in un mare di un potenziale ostile arabismo.” I sionisti sarebbero stati gli orangisti della Palestina.
Con la Seconda Guerra Mondiale divenne chiaro che la principale potenza nel Medio Oriente non sarebbe stata più la Gran Bretagna, e che quest’ultima sarebbe stata sostituita dagli Stati Uniti. Ben Gurion, che era allora diventato il principale leader sionista, si precipitò a Washington per consolidare l’accordo con gli Stati Uniti. Non per nulla ora Israele ora è il più fidato satellite degli Stati Uniti. Non per nulla Israele ottiene dagli USA più aiuti economici di qualsiasi altro paese, malgrado lo Stato israeliano sia così piccolo.Ed è anche il paese che riceve più aiuti militari di qualsiasi altro paese del mondo.

L’Olocausto
Intuendo la barbarie del nazismo, Trotsky aveva previsto l’annichilimento degli ebrei. Il 22 dicembre 1938 scrisse:
“È possibile facilmente immaginare cosa spetterà agli ebrei allo scoppio della futura guerra. Ma anche senza guerra il prossimo sviluppo della reazione mondiale significa certamente lo sterminio fisico degli ebrei… Solo una coraggiosa mobilitazione degli operai contro la reazione, la creazione di milizie operaie, volte alla resistenza fisica contro i gruppi fascisti, l’aumento della fiducia in stessa, l’azione e il coraggio da parte di tutti gli oppressi può provocare un mutamento dei rapporti di forza, fermare l’ondata mondiale fascista e aprire un nuovo capitolo nella storia dell’umanità.”
Fino alla II Guerra Mondiale la schiacciante maggioranza degli ebrei nel mondo, e specialmente la classe operaia ebrea, non aveva sostenuto il sionismo. Per esempio in Polonia dove c’era allora la più grande comunità di ebrei nel dicembre del 1938 e nel gennaio 1939 nelle elezioni amministrative che si tenero a Varsavia, Lodz, Cracovia, L’vov, Vilna e altre città, il Bund, l’organizzazione socialista operaia ebrea antisionista, ottenne il 70% dei voti delle circoscrizioni ebree. Il Bund conquistò 17 dei 20 seggi in palio a Varsavia, mentre i sionisti ne ottennero solo uno.
Tutto ciò cambiò radicalmente dopo l’Olocausto. È difficile trovare un ebreo in Europa che non abbia perso almeno un membro della sua famiglia durante l’Olocausto. Ricordo che poco prima della guerra una mia zia di Danzica venne a trovarci in Palestina. Io non avevo conosciuto il resto della sua famiglia, ma ella assieme a tutti gli altri furono ingoiati dall’Olocausto. Un mio cugino, che conoscevo assai bene, se ne andò in Europa con sua moglie e un figlio di cinque anni poco prima della guerra e tutti loro morirono nelle camere a gas.
Oggi la maggioranza schiacciante degli ebrei sono sionisti, e il motivo è facilmente comprensibile.
Catastrofe
È questa la parola che usano i palestinesi quando si riferiscono alla instaurazione dello Stato d’Israele nel 1948. Dopo di allora nelle tre guerre tra Israele e gli arabi nel 1948, 1967 and 1973, ci furono massicce pulizie etniche di palestinesi. Oggi ci sono 3,4 milioni di palestinesi profughi, che sono molti di più dei palestinesi che sono rimasti nelle aree in cui vivevano prima. Le statistiche dei proprietari terrieri testimoniano la loro eliminazione: nel 1917 gli ebrei erano proprietari del 2,5% della terra dei paese. Nel 1948 questa percentuale divenne il 5,7% e oggi controllano il 95% della terra dei confine pre-1967, lasciando agli arabi solo il 5%.
Questo rappresenta uno dei casi più tragici della storia per cui un una nazione oppressa come quella degli ebrei, che soffrirono la barbarie dei nazisti, ha imposto oppressione e barbarie a un'altra nazione, la Palestina, che in nessun modo era stata coinvolta nell’Olocausto.

La soluzione
I palestinesi non sono sufficientemente forti per liberarsi da soli. Non hanno neppure la forza di ottenere qualche riforma significativa. Non sono nella stessa situazione dei neri del Sud Africa che hanno raggiunto importanti riforme, liberandosi dall’ apartheid, conquistando il diritto di voto e eletto un presidente nero. È vero che l’ apartheid economica esiste ancora. La ricchezza è ancora concentrata nelle mani di un piccolo gruppo di ricchi neri. La schiacciante maggioranza dei neri vive ancora in una condizione di abbietta povertà. I neri in Sud Africa sono ancora però incomparabilmente più forti dei palestinesi. Prima di tutto i neri sono 5 o 6 volte più numerosi dei bianchi in Sud Africa, mentre il numero dei palestinesi, più o meno, è lo stesso degli israeliani (la maggioranza dei palestinesi sono profughi). In secondo luogo gli operai neri sono collocati nel cuore della economia sudafricana mentre i palestinesi sono molto marginalizzati dal punto di vista economico. Il sindacato sudafricano COSATU è un sindacato di massa che ha giocato un ruolo cruciale nello distruzione dell’apartheid. I palestinesi non hanno una organizzazione sindacale comparabile.
Se c’è una situazione dove la teoria di Trotsky della rivoluzione permanente si applica perfettamente è quella dei palestinesi. La teoria della rivoluzione permanente afferma che nessuna rivendicazione democratica può essere raggiunta senza una rivoluzione proletaria. La chiave di volta del destino dei palestinesi e di chiunque altro nel Medio Oriente è nelle mani della classe operaia araba la quale rappresenta una forza significativa in Egitto e in misura minore in Siria, Iraq, Libano e altri paesi. Tragicamente la potenzialità della classe operaia araba non è diventata una realtà a causa dei guasti realizzati dallo stalinismo che ha dominato la sinistra del Medio Oriente per lungo tempo. Furono gli stalinisti, infatti, ad aprire le porte al Partito Ba'ath e a Saddam Hussein in Iraq, che condurre Assad e il Ba'ath siriano al potere, che aprirono la strada a Nasser e susseguentemente ai fondamentalisti islamici in Egitto. Una rivoluzione della classe operaia araba porrebbe fine all’imperialismo e al sionismo. Èsemplicemente una ipocrisia sostenere che ciò minaccerebbe la zona degli ebrei. Quando il regime dell’ apartheid dominava il Sudafrica i sostenitori del regime sostenevano che l’ ANC voleva massacrare i bianchi. Ma nulla di ciò è avvenuto.


Tony Cliff - Omosessualità e comunismo


Nella società infestata dai rapporti di classi l'oppressore e l'oppresso si trovano in ogni ambito della vita. Lo sfruttatore opprime lo sfruttato; l'uomo opprime la donna; il bianco opprime il nero; il vecchio opprime il giovane; l'eterosessuale opprime l'omosessuale. Il verso socialista è in grado di superare queste divisioni. Un lavoratore specializzato che riesce ad identificarsi soltanto con altri lavoratori specializzati potrà essere un buon sindacalista ma non dimostra così di essere un buon socialista. Un socialista deve essere in grado di identificarsi con tutte le lotte dei gruppi oppressi.
Siamo tutti figli del capitalismo e tendiamo a concepire il futuro - persino il futuro socialista - in modo ordinato e gerarchico. È come se la rivoluzione socialista dovesse essere guidata da un caposezione del sindacato della stampa (tipo l'NGA di Fleet Street). Al secondo posto di comando ci sarà la rappresentanza sindacale dell'AUEW dall'officina di una grande fabbrica di auto. I luogoteneneti della rivoluzione saranno commessi quarantenni maschi. Se poi avanza abbastanza spazio permetteremo a neri, donne e gay di prendere parte alla cosa - assicurandoci però che se ne stiano buoni buoni un po' più indietro.
Molti socialisti hanno ancora delle difficoltà a credere che i gay prenderanno in qualche modo parte alla rivoluzione. Al contrario dovremmo augurarci che il primo leader del consiglio operaio di Londra sia una donna nera, gay e diciannovenne!
Il sistema governa dividendoci. Questo significa che non c'è un modo naturale attraverso cui un gruppo oppresso si identifica con un altro. I razzisti più estremisti degli stati sudisti americani sono i bianchi poveri - non i bianchi ricchi.
Allo stesso modo i neri non supportano automaticamente le donne e le donne non supportano automaticamente i neri. I gay non supporteranno automaticamente gli altri gruppi oppressi.
I nazisti hanno spedito migliaia di gay nei campi di concentramento. In Cile i gay erano castrati e lasciati sanguinare nelle strade. Ma non è vero che, nonostante questo, i gay diventino automaticamente antifascisti. Decine di migliaia di gay supportarono Hitler. Molti erano in camicia bruna. Dopo che Hitler prese il potere voltò le spalle al supporto gay ricevuto e li massacrò durante la Notte dei Lunghi Coltelli. Come possiamo spiegarci il fatto che i gay si siano uniti ai nazisti? Se sei un gay oppresso , indossare una giacca e stivali di pelle nazisti ti dà per la prima volta un senso di potere. E rende più facile colpire gli ebrei, le donne e chiunque altro.
Perché un gruppo oppresso possa controbattere c'è bisogno di speranza . Se ti senti cadere sei disperato e cerchi una vittima da colpire. Se invece stai salendo la china cerchi qualcuno da adulare.
Ecco perché solo costruendo un movimento socialista è possibile unire i lavoratori con i neri, le donne e gli omosessuali oppressi. Ed ecco perché è così importante che i gay si organizzino per manifestazioni come quella di Brick Lane e si sentano in grado di identificarsi orgogliosamente come gay e - dove possibile - come gay socialisti rivoluzionari.
Karl Marx scrisse che il capitalismo unisce le forze di opposizione. Ma esso ci divide, anche. Dobbiamo combattere in modo consapevole per quell'unità.
Siamo una cosa sola -noi tutti insieme- ma solo quando combattiamo insieme.

Dal blog "Spazio alternativo"

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